domenica 27 aprile 2008

Mare clandestino per Peace Reporter


Accade a volte nella vita di un reporter di voler guardare da vicino, con i propri occhi e senza altre immagini nella testa e nel cuore delle scene che già centinaia di volte gli sono state presentate. È questo lo spirito con il quale sono partito per la Sicilia ad aprile del 2007 per completare il mio lavoro sui bambini, sulla guerra, sulle migrazioni. Un lavoro in cui non si vedono né bambini ammazzati né guerra, ma scene allusive e poetiche di altalene, scivoli, tombe di soldati troppo giovani per morire, barche dai colori sgargianti. Così sono sceso in quei magnifici porti di Pozzallo, Marzamemi e Porto Palo spazzati dal vento e dal mare colore del fieno per fotografare quanto restava sulle barche dopo il loro abbandono. E ho trovato tracce infinite e tenere e disperate: scarpe, per lo più singole, giacche e pantaloni di tute, mutande da uomo e da donna – a volte con finti merletti – , cartoni di latte, bottiglie d’acqua con le scritte in arabo, pentole misere, segni di profonda umanità e di sconfinata tristezza. E fiori, cresciuti tra la sabbia e i gommoni.
Sono ripartito con una lunga serie di diapositive e con la voglia di sapere che fine avessero fatto tutti quei disgraziati. Le loro barche erano lì, a secco sulle banchine, pronte per essere distrutte. Ma loro?
Mare clandestino è la terza parte di un trittico che compone l’opera per fotografie, poesia e musica dal titolo Il parco-non-giochi, formato anche da Il parco-non-giochi e Death Commonwealth. Il tema di tutto il lavoro è la perdita dello spazio del gioco per i bambini nelle zone di conflitti e nelle migrazioni.

domenica 13 aprile 2008

Youssou N'dour. Un uomo mite.

Ascolto un pezzo di Yussou N'dour che si chiama Chimes of freedom e immagino che sarà il pezzo che chiuderà il mio nuovo spettacolo teatrale. Non che io abbia scritto tante cose per il teatro, ma tre o quattro sì. Rappresentate sempre in circuiti anzi tappe uniche piuttosto isolate e fuori dalla massa.
Pazienza. Sono piaciute a quelli che le hanno viste e ho visto la contentezza nei loro occhi quando mi abbracccciavano alla fine. Mi piace questa musica e quest'uomo che la canta che dev'essere un uomo mite. Mi fa uscire da questa prigione in cui mi trovo in questi giorni. Noi uomini e donne che abbiamo deciso di vivere d'arte siamo sfortunati se non possiamo muoverci da questa città, milano, e viaggiare altrove. Ricordate quei giorni passati in marocco che ho raccontato? Sono stati preziosi e dolorosi. Ora che sono qui e la mia ultima mostra si è appena conclusa senza un'altra in programma e senza la possibilità di partire e esplorare nuovi sentieri, questo mi rende triste. Questa sera.
E lui canta come canta un uomo gentile. porterò il suo suono dentro di me quando partirò per una nuova avventura creativa. Succede sempre quando fotografo che sento una musica nella testa. No. non sono pazzo. È che ognuno fa bene ad ascoltare le sue piccole voci di dentro. E io lo facccio quando volo sulle cime di queste montagne e sotto vedo tanti piccoli fiumi che corrono verso in basso e non possono fermarsi. È stato bello viaggiare qualche giorno in quel paese gentile e riportare indietro tante belle immagini. Spero di poterle mettere sul blog appena imparerò come si fà.

lunedì 7 aprile 2008

di ritorno dal marocco


Lancio questa nuova bottiglietta nell'oceano. Di ritorno dal marocco dopo appena quattro giorni mi sembra di essere tornato dalla luna alla terra. Sono partito per questo viagio breve ma significativo perché a vent'anni esatto da uno precedente, portando con me un'attrezzatura ben precisa: macchina pentax 6x7 e tubi di prolunga. L'intenzione era – ed è stato così – di fotografare un piccolo marocco, cioè da vicino e sentire il lieve respiro delle piastrelle, della polvere, delle code dei pesci al mercato.

martedì 1 aprile 2008

cominciamo questo blog

Ciao a tutti e tutte
mi è venuta voglia, dopo tanti anni, di cominciare a parlare con altri autori, fotografi e artisti sul ruolo e l'uso dell'arte nella nostra società a scopi sociali.
Non che l'arte al servizio della società sia una cosa nuova, ma non se ne parla più in questa soietà di artisti estetici he fuggono dalla contemporaneità.
Ci proviamo?

ico

www.icogasparri.net