tag:blogger.com,1999:blog-5615318095004846002024-03-05T18:25:09.672+01:00ico gasparri / fotografia e politicaDell'uso politico della fotografia ma anche della fotografia come mezzo per fare poesia e parlare la lingua degli altriico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.comBlogger57125tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-45687124078693892302021-07-13T17:21:00.003+02:002021-07-13T17:21:40.355+02:00e la regina dov'è?<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipPhFn9t2HHpOncFPeCc-1jn979ONOcepxSXD71CYiVMDysALoz6qdkbhUfza5TakPlkQc7K1pOC42cWRsJrsXYtskWtO6h67jJ5-jO8Na2F_UAJZCFo0u9M6gsnhj297YecXFkMG0u48/s2048/CAR_0680.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1363" data-original-width="2048" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipPhFn9t2HHpOncFPeCc-1jn979ONOcepxSXD71CYiVMDysALoz6qdkbhUfza5TakPlkQc7K1pOC42cWRsJrsXYtskWtO6h67jJ5-jO8Na2F_UAJZCFo0u9M6gsnhj297YecXFkMG0u48/w400-h266/CAR_0680.JPG" width="400" /></a></div><span style="font-family: verdana;"><div style="text-align: justify;">Milioni di persone hanno assistito in diretta allo spettacolo della premiazione dei recenti campionati europei di calcio e hanno potuto vedere il gesto incredibile dei calciatori della nazionale inglese che si toglievano dal collo la medaglia appena ricevuta, alcuni quasi senza finire di indossarla, come fosse radioattiva, mentre il pubblico locale aveva già abbandonato lo stadio e i rappresentanti delle istituzioni inglesi – forse già assenti anche loro – ben si guardavano da andare come minimo a stringere la mano al nostro Presidente della Repubblica. </div><div style="text-align: justify;">L'indecorosa sfilata davanti alla quale sono sicuro che molti di noi avranno trattenuto il fiato increduli e stupiti è stata per fortuna rapida, è andata avanti giusto per il tempo necessario per soddisfare il copione ma si è trattato comunque di un tempo enorme, non più cancellabile, di un tempo sufficientemente lungo per dipingere a tinte fosche il già precario scenario contemporaneo delle relazioni tra i popoli, tra gli esseri umani "diversi da noi" e ora addirittura tra gli "sportivi". </div><div style="text-align: justify;">Qualcuno potrebbe dire che si è trattato solo una partita di calcio, che nel calcio queste cose succedono, che in fondo è una cosa marginale. </div><div style="text-align: justify;">Non sono d'accordo. Per niente.</div><div style="text-align: justify;">Questi sono segni caratterizzanti di una civiltà, segni indelebili, drammaticamente istruttivi e formativi, segni resi ancora più pesanti dal silenzio istituzionale in cui si sono manifestati sia nell'immediato, sia – a mia conoscenza – nel dopo.</div><div style="text-align: justify;">Sì, perché se di fronte a quello "spettacolo" da una parte c'eravamo noi, milioni e milioni di persone di ogni età e nazionalità che guardavano la scena da casa o dalle piazze senza poter fare nulla di clamoroso, lì sul campo c'erano delle persone, rappresentanti di istituzioni internazionali, che potevano e dovevano assolutamente fare qualcosa, interrompere quello scempio alla lealtà sportiva – che dovrebbe insegnarci anche qualcosa della lealtà nella vita – per lanciare un segnale di salvezza, non dico per noi adulti, ma almeno per tutti quei bambini e bambine che ogni giorno si avvicinano allo sport con passione e animo leggero, anche in Inghilterra.</div><div style="text-align: justify;">Tra queste persone citerei innanzitutto l'uomo che consegnava le medaglie – non mi interessa nemmeno il suo nome – ma di sicuro era un "capo", uno che è entrato in campo in pompa magna, ostentando con la sua camminata a natiche strette tutto il potere che quei miliardi di euro presi a pedate gli conferiscono. </div><div style="text-align: justify;">E lui cosa ha fatto? Nulla! </div><div style="text-align: justify;">È stato letteralmente schifato medaglia dopo medaglia dimenticandosi di rappresentare un'istituzione popolarissima, il calcio europeo, che in altre sedi sicuramente lui stesso si sarà gloriato di definire come un mondo di amicizia, lealtà, rispetto degli avversari, luogo di crescita e di insegnamento di ideali sani per i nostri giovani.</div><div style="text-align: justify;">Non ci siamo caro signore. </div><div style="text-align: justify;">Rappresentare significa fare qualcosa anche per conto degli altri che rappresentiamo, significa prendere parte, significa avere coraggio delle proprie idee e difenderle in ogni circostanza.</div><div style="text-align: justify;">Lei doveva afferrarli uno a uno per il collo della maglietta e rificcargli quella medaglia al collo, oppure sospenderne la distribuzione. Doveva chiamare l'allenatore e i responsabili di quei signori così sprezzanti e costringerli a fare qualcosa. Tutto, ma non continuare come una macchinetta a farci assistere a quello schifo. Lei non ci ha rappresentato correttamente.</div><div style="text-align: justify;">E fuori dal terreno di gioco chi c'era? Qualcuno delle istituzioni sarà rimasto in tribuna a rappresentare il calcio inglese, la nazione inglese, il popolo inglese? Forse no, forse se ne erano addirittura andati, certamente non ho notizia di azioni riparatrici in tal senso. E ormai è già troppo tardi.</div><div style="text-align: justify;">E la regina? </div><div style="text-align: justify;">La regina dov'era e dov'è? </div><div style="text-align: justify;">Certo, comprendo che assistere alla partita fosse troppo impegnativo per una donna anziana, ma dopo? Avrà avuto un televisore dove guardare la partita o una registrazione del fattaccio? Qualcuno glielo ha raccontato o glielo hanno tenuto nascosto. Beh, in tal caso glielo dico io cara signora: i suoi ragazzi le hanno fatto fare una pessima figura.</div><div style="text-align: justify;">Come si sarà risvegliata il giorno dopo questa anacronistica figura che vive di etichette, regole e compostezza dopo che questi valori sono stati così mortificati proprio nella sua capitale? Non erano suoi sudditi quei maleducati in pantaloncini? Li ha richiamati? Ne ha chiesto l'espulsione dalla federazione? Ha presentato una lettera ufficiale di scuse al nostro Presidente repubblicano? Ha fatto uno dei suoi famosi discorsi alla nazione – alla nazione dei bambini e delle bambine inglesi intendo – per spiegare loro che quello è un brutto episodio da cancellare e che ora quei tipi non giocheranno più a pallone perché non ne sono moralmente all'altezza. </div><div style="text-align: justify;">Non ne ho notizia. E questa non è una buona notizia.</div><div style="text-align: justify;">Se io fossi la regina... farei qualcosa di grande. </div><div style="text-align: justify;">Almeno per i bambini le bambine inglesi, se non si vuole allargare troppo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div></span><p></p>ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-47474166136834378162020-12-01T11:02:00.008+01:002021-07-13T16:14:15.371+02:00Racconto di una ferita (mentre la ferita è ancora aperta).<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dyKrFGCLgqYrJt4Vxbeb00YBXzuI9RsS2XpQYmk3xgKHzIX5_YkNMDCxYWUFSGfcLrb_HQtiVeD-0I6mMYoew' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Raccontare con la fotografia i centri storici mi ha attratto fin dagli anni della mia gioventù, prima ancora dell'ormai quarantenne terremoto. A spingermi in questa dimensione spazio-temporale credo sia stata la mia passione per il "silenzio narratore", tipico della fotografia di ricerca, unita poi alla formazione da archeologo sopraggiunta nei primi anni '80. Il fine mi sembrava nobile: la ricerca del più antico nascosto più o meno consapevolmente sotto al più moderno per dargli ancora una possibilità di vita, di espressione, di testimonianza, di insegnamento. Nello svolgere questo percorso ho naturalmente appreso molte cose ma sopratutto mi sono persuaso che le cose si vedono molto meglio – e quindi si riescono a raccontare con forza anche senza tante parole – attraverso il mirino di un apparecchio fotografico, rispetto allo sguardo comune a occhio nudo, diciamo così. Questo perché i frammenti di un passato più o meno lontano, isolati dai quattro bordi neri di quella piccola camera di osservazione posta in testa alle mie macchine fotografiche, risplendevano di una luce propria che conferiva loro in più esplicito valore. Anche agli occhi di quanti passavano e non vedevano ma che avrebbero visto le mie stampe fotografiche. Col passare degli anni questa mia attività, divenuta in certi periodi quasi un'ossessione, è andata scemando fino ad esaurirsi – irresponsabilmente, lo devo ammettere – sotto i colpi dell'indifferenza e della diminuita sensibilità dei più moderni cittadini e dei più moderni cittadini-amministratori rispetto ai valori invece eterni insiti nei beni culturali nel loro complesso e quindi primariamente nei centri storici. </span></p><p style="text-align: left;"></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La fotografia non aiuta a leggere le complessità di un disegno urbanistico e tanto meno riesce a farlo nello stretto di un centro storico come i Pianesi di Cava de' Tirreni che costituiscono uno dei nuclei più caratteristici e antichi della città composita. Gli spazi sono spesso angusti, articolati, intersecati, nascosti, ma portatori di storia e di storie che nei centri detti non casualmente "storici", ci stanno bene e ci devono rimanere per salvare un bene essenziale: la nostra identità. La perdita di sensibilità di cui parlavo prima ha invece comportato un abbassamento sulla bilancia dei valori contemporanei del valore di questa identità, inducendo alla conseguente ammissibilità della cancellazione. Cancellazione di superfici, di tecniche murarie, di volumi, di luci, di singoli elementi architettonici e decorativi, di omogeneità tra gli elementi di arredo, di percorsi per gli spostamenti, di verde, di testimonianze che l'abbandono aveva ridotto minime ma un tempo non lo erano, di bellezza del colpo d'occhio.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Tutto ciò è condensato spettacolarmente nell'ampio cratere che ho visto ieri percorrendo la via Formosa, praticato per la creazione di un garage, mi hanno detto, ma non mi importa nemmeno sapere se questo dettaglio sia veritiero o meno. Troneggiante una ruspa su uno sfondo che lasciava emergere – al posto del romantico muro antico con esedra, brutalmente abbattuti – pareti possenti di cemento armato, mi sono tornati in mente gli scatti che facevo da ragazzo quando si abbattevano e si sfregiavano edifici antichi e testimonianze di varia tipologia per far spazio nella nostra città a una modernità quanto meno discutibile. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Ma perché racconto ancora oggi tutto questo? In fondo in fondo... non lo so neppure io. In un capovolgimento così spettrale dei valori che oggi sembrano importanti una testimonianza del genere non credo possa avere un effetto significativo né su quello che si è già abbattuto né su quello che ancora rimane più o meno in piedi. Forse lo racconto per quei bambine quelle bambine che ancora potrebbero capirlo quando qualche maestra volenterosa parlerà loro della storia e di quello strano concetto dell'identità.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: trebuchet; font-size: medium;"><br /></span></p><p><span style="font-family: trebuchet; font-size: medium;"><br /></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dxktxjHG0bf8V2zdQZT7lhVk8hKtyG30UAkcEfljc8Dt3Eq-KiIrwbv-41HgW4g91zshmnJx3wFZVtEkAg2Vg' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><br />ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com084013 Cava de' Tirreni SA, Italia40.7069866 14.693767412.396752763821155 -20.4624826 69.017220436178846 49.8500174tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-78864333610398031512020-04-28T20:10:00.002+02:002021-07-13T16:09:46.405+02:00DOPO. Quasi uno scioglilingua.<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEih4A4a-MHfciRvibVIgncXIQKCsKcAVms1RP1iN1pxwbNO82u5bfZzjg8OV_ZK784qt1t91FzY3Vyk1yz9qICcFrGGVyEsXiEhvQ1lolYimk86U4OLndi-KgsxbWidNHqKefXsqsri0fY/s1600/CIM_1264.jpg"><img border="0" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEih4A4a-MHfciRvibVIgncXIQKCsKcAVms1RP1iN1pxwbNO82u5bfZzjg8OV_ZK784qt1t91FzY3Vyk1yz9qICcFrGGVyEsXiEhvQ1lolYimk86U4OLndi-KgsxbWidNHqKefXsqsri0fY/w400-h265/CIM_1264.jpg" width="400" /></a><br />
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<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span face=""trebuchet ms" , sans-serif">Esiste un DOPO che inesorabile sarà figlio di un PRIMA e noi li osserviamo succedersi giorno dopo giorno da quel DURANTE che viviamo come OGGI. Quasi uno scioglilingua. Un gioco di parole che traduce il principio ispiratore della mia fotografia sociale, della mia vita d'artista e della scelta di utilizzare il linguaggio visuale come base di una narrazione che altrimenti non sarei riuscito ad esprimere e che ho ritenuto importante esprimere. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span face=""trebuchet ms" , sans-serif">La fotografia l'ho scelta – forse inconsciamente – perché quelle immagini create attraverso la fotocamera mi sono apparse fin da ragazzo potenti, vere, reali, oggettive, testimoni e testimoniali. L'ho scelta fin dal 1978 perché conteneva qualcosa che per me era più forte delle parole, un mezzo a me congeniale per esprimermi dal mio angolo di ragazzo timido. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span face=""trebuchet ms" , sans-serif">La narrazione fotografica mi piace perché è un sistema. Non è un mazzo di episodi isolati – anche esteticamente rilevanti – raccolti in un album, ma una catena che lega fatti, scene, momenti che risalgono al DURANTE, cioè dell'epoca in cui un dato fenomeno è ancora in via di formazione, e che si sposteranno in pochi secondi in un DOPO inesorabile dal quale, guardandoli, si rivedrà – a volerlo vedere – quel PRIMA in cui c'eravamo ed eravamo vivi. Come ogni racconto veritiero. Come la storia. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span face=""trebuchet ms" , sans-serif">Per coltivare questo interesse per lo sguardo-che-può-raccontare qualcosa mentre sta nascendo sotto i nostri occhi ho cercato di sollevare l’inquadratura, cambiando spesso prospettiva, ottica, punto di messa a fuoco e mi sono persuaso che i singoli fenomeni dell'OGGI non hanno nulla di interessante se li distacchiamo dal sistema che li genera, li plasma e li condiziona a prescindere da noi. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span face=""trebuchet ms" , sans-serif">Una volta, in un'antica e solenne chiesa napoletana, ho ascoltato un prete che diceva, con ardore, quasi con furore, che "Gesù era di parte" "Gesù ha deciso da che parte stare". Anche a me che non sono credente quelle parole sono sembrate subito straordinarie, illuminanti, inusuali. Da che parte stare? Anche noi, fatte le dovute proporzioni, dobbiamo stare da una parte, prendere una posizione di parte. Essere partigiani. Le posizioni ambigue e neutre sono dunque colpevoli. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span face=""trebuchet ms" , sans-serif">Attraverso la mia fotografia sociale ho scelto di stare dalla parte del silenzio, delle cose non dette, dello sguardo girato altrove e ho scelto di raccontare storie complesse, stratificate, non immediate, perché le storie semplici, spettacolari, estetiche mi apparivano incomplete, bugiarde, non <i>di parte</i> appunto. Tuttavia, per fare questo ho dovuto accettare il peso di una gabbia – prospettica e di pensiero, individuale e sociale – che si è rivelata ingombrante, pesante, a volte troppo pesante da sopportare, una gabbia che rischia di rendere il racconto del "sistema-mentre-il-sistema-si-forma", difficilmente attuabile, pesantissimo, in alcuni casi può risultare addirittura fatale, come la storia di Pasolini ci insegna. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span face=""trebuchet ms" , sans-serif">L’uomo contemporaneo non è cieco e non è sordo. Percepisce, vagamente o distintamente, i legami che tengono stretti gli embrioni dei fenomeni fin dal momento in cui appaiono per la prima volta: nulla ci è stato taciuto. Sappiamo tutto, ma troppo spesso non abbiamo provato o non abbiamo voluto mettere a fuoco questo legame tra il PRIMA e il DOPO, forse per dolore, debolezza, vigliaccheria, malafede, ignoranza. Non abbiamo tenuto in nessun conto questo processo di sguardo vigile sul DURANTE come un bene primario anche perché abbiamo sperimentato che le conseguenze di questa <i>parte non presa</i> appariranno <i>forse</i> nel DOPO e quindi non sono apparentemente affari nostri, nessuno ci chiamerà a rispondere di niente o ci chiamerà a rispondere quando saremo vecchi o morti. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span face=""trebuchet ms" , sans-serif">E così il racconto globale della contemporaneità si scrive da solo, sgrammaticato, sconclusionato, senza una trama apparente, senza giustizia. Ci appare, visto dal DOPO, incomprensibile, irresponsabile, sciagurato.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span face=""trebuchet ms" , sans-serif">Questa epidemia imprevista, figlia di tante decisioni del PRIMA, ci ha mostrato la nostra nudità, ci ha svelato la nostra ottusità nel vivere il DURANTE senza pensare al DOPO e solo ora che siamo nudi e chiusi in casa diciamo non senza ipocrisia che è necessario cambiare, mentre tutte le cose che guardiamo ora ci appaiono sbagliate, colpevoli, dannose, irresponsabili.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span face=""trebuchet ms" , sans-serif">Eppure noi c’eravano, abbiamo attraversato quel PRIMA seguendo il percorso della massa, abbiamo sostituito e confuso il benessere collettivo con il profitto, anzi con il profitto a ogni costo, due categorie che parlano lingue diverse, quella dei diritti e dell'uguaglianza da una parte e quella dell'esclusione e dei privilegi dall'altra anche se questi ultimi si sono dimostrati spesso effimeri, superficiali, caduchi e sono durati solo qualche attimo, quell'attimo in cui avremmo potuto e dovuto scattare quella foto del PRIMA inquadrata nel DURANTE per costruire un DOPO diverso. Quasi uno scioglilingua.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span face=""trebuchet ms" , sans-serif"> </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span face=""trebuchet ms" , sans-serif">Napoli, 25 aprile 2020</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span face=""trebuchet ms" , sans-serif"><o:p></o:p></span></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiK2UI6jpSMAuZlPOebilravKFCfuF1YXDHBgi0gjtOm2rI4qovyEgBTU24txF-NSQx_6bPztwXDQhyphenhyphenF2wbF3zpA2k9shEJ7kJazCGCrnvVEj7v67-bXBNzpGdIVqjbc_Amt1PjXwpgfoU/s1600/1469766_672480389458543_641457486_n.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="639" data-original-width="960" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiK2UI6jpSMAuZlPOebilravKFCfuF1YXDHBgi0gjtOm2rI4qovyEgBTU24txF-NSQx_6bPztwXDQhyphenhyphenF2wbF3zpA2k9shEJ7kJazCGCrnvVEj7v67-bXBNzpGdIVqjbc_Amt1PjXwpgfoU/s400/1469766_672480389458543_641457486_n.jpg" width="400" /></a></div>
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<br />ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-66119729526243790202020-03-25T11:39:00.000+01:002020-03-25T12:20:59.782+01:00Che bel fior!<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrNCB3AJntqc5qDheCtKX2etvb_iodWDIV0UasSd0mNfU4Vt2fBT6IEbIMejMTmd-4fEm30sSu5CE3N4nfcFfU-GKKvOSHDXICXAa-88PN-Gd_Z5edd7Q7mQW-MNdqJwXJ4lfrrIX3LZ8/s1600/000772260002.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1278" data-original-width="1600" height="318" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrNCB3AJntqc5qDheCtKX2etvb_iodWDIV0UasSd0mNfU4Vt2fBT6IEbIMejMTmd-4fEm30sSu5CE3N4nfcFfU-GKKvOSHDXICXAa-88PN-Gd_Z5edd7Q7mQW-MNdqJwXJ4lfrrIX3LZ8/s400/000772260002.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Scrivo in memoria e in ringraziamento a Patrizia Reso scomparsa in questi giorni a Cava. In questi giorni sconvolti in cui tutto è saltato e si è fermato, come il suo respiro. Le dedico un verso di Bella ciao e una delle mie foto più intime scattate in uno dei roseti più belli del mondo, quello della Villa Reale di Monza. Perché ci vogliono pensieri alti quando si onora una persona, una donna che è stata ai miei occhi innanzitutto una militante. Militante al posto mio, al posto tuo, al posto di tanti e di tante che l'hanno guardata fare ammirandola, ignorandola o non comprendendola affatto, a seconda della nostra capacità di vedere. Le dedico dei fiori bellissimi perché me la ricordo quel 25 aprile di due anni fa a cantare Bella ciao nella Villa Comunale di Cava mentre si piantava un acero a cavesi resistenti, cavesi partigiani che nemmeno sapevamo che ci fossero stati, ad altri uomini e donne che avevano militato al posto mio, al posto tuo e al posto di tanti e tante che li avevano solo guardati morire e che Patrizia aveva contribuito a farci conoscere. La militanza è quella disciplina dello spirito che possiamo raccogliere da Patrizia e farle onore mettendola al primo posto delle nostre vicende future, del nostro sentire, del nostro vivere, se vogliamo che domani sia migliore di ieri. La militanza che non è "mettersi in politica" ma "fare politica", cioè pensare con i mezzi a nostra disposizione a tutte quelle azioni e quei gesti grandi e piccoli che possiamo compiere in nome di altri e di altre, per aiutare, salvare, incoraggiare, far progradire, proteggere, difendere la collettività ma anche allontanare, combattere, mettere in condizione di non nuocere chi invece lotta contro di essa, contro i diritti e per i privilegi di pochi. Paradossalmente, la ricordo come una militante antifascista ad oltre 70 anni dalla fine del fascismo, a significare che non abbiamo fatto abbastanza per non doverne parlare più, che non abbiamo lottato per sradicare quella categoria dello spirito che può albergare in ognuno di noi e che può sempre riemergere e mai tramontare se la militanza non diventerà un bene comune, valore primario, intramontabile appunto. Non dobbiamo avere vergogna della militanza, di esprimere i nostri sentimenti collettivi, di parlare più spesso del bene comune, dei diritti, delle nostre piccole possibili lotte per stare meglio tutte e tutti insieme. Non è affatto facile, non è stato facile e non sarà facile perché abbiamo dimostrato di essere deboli, di guardare e di vivere troppo spesso nell'oggi, pensando che la libertà, i diritti, l'eguaglianza, il benessere delle comunità sia un dono del cielo, qualcosa che non tocca a noi difendere e promuovere, pensando che il domani sarà garantito e che sarà migliore, che i diritti, la pace, le conquiste di ieri saranno intramontabili. Invece tutto può tramontare su quel bel fiore se il nostro canto di partigiani non sarà sussurrato tutti i giorni della nostra vita. Bella ciao! </span></div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-27529566477139335792018-05-18T09:57:00.001+02:002018-05-18T09:57:26.346+02:00Cavalieri imbecilli su merli sbagliati. 2<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3vxl0re7D3cxKR_LGuDHOSIEfrhBtqsy8kwK89tsMTozk7EaN8i3nXeiHgx5spt8rBiAmKH2h111vvMu7FaxE_mNme22CPdsEEO43Z8NR3YP8RQoVDm4_jBBwpY6V5dRd7Fa2pJHxk8k/s1600/atto+n.2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1132" data-original-width="1600" height="282" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3vxl0re7D3cxKR_LGuDHOSIEfrhBtqsy8kwK89tsMTozk7EaN8i3nXeiHgx5spt8rBiAmKH2h111vvMu7FaxE_mNme22CPdsEEO43Z8NR3YP8RQoVDm4_jBBwpY6V5dRd7Fa2pJHxk8k/s400/atto+n.2.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
(<span style="color: red; font-family: Trebuchet MS, sans-serif;"><i>continua</i></span>)</div>
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<br /></div>
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<span style="font-family: Trebuchet MS, sans-serif;">Per cercare di capire, sono stato il giorno dopo al Comune per intervistare i funzionari degli uffici preposti. Già, ma preposti a che? Di cosa si trattava? Di un contratto legale? Di una licenza edilizia? Di un richiesta di sfruttamento del patrimonio culturale e storico per fini economici privati? Magari di sicurezza nazionale? Di un'utilizzazione privata di un pezzo del patrimonio comunale? Di un fascicolo della Soprintendenza? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Trebuchet MS, sans-serif;">La domanda cade nella sorpresa generale. Nessuno al comune sembra aver mai visto le antenne. Qualcuno crede, immagina, prospetta... Con grande gentilezza (tratto sicuramente da lodare del personale in ogni ufficio consultato) mi viene detto che è meglio fare una richiesta di visione di atti pubblici "a ventaglio" cioè a più dipartimenti perché la cosa non è chiara. Ne investo quattro: i lavori pubblici, il patrimonio, l'ufficio legale e naturalmente il Sindaco. Protocollo il 2 maggio 2018.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Trebuchet MS, sans-serif;">A distanza di 15 giorni ieri mi sono recato al Comune dove ho avuto la chiara sensazione che la situazione di incertezza fosse stata impugnata. Diversi uffici erano contemporaneamente al lavoro per cercare di comprendere da dove fossero spuntate tutti questi mostruosi cavalieri telecominicanti.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Trebuchet MS, sans-serif;">Il documento che mi viene prontamente consegnato è un verbale della CEI (commissione edilizia) che esprime senz'altro parere <u>negativo</u> per una singola richiesta di istallazione di antenna del 2004 con una bella relazione tecnico-storica che esclude la possibilità di istallare "sul Monte Castello" (quindi nemmeno si ipotizza un "dentro ai merli del Monte Castello") alcun impianto e, anzi, caldeggia per l'intera arera "interventi di tutela e recupero". </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS", sans-serif;">Per il momento altri documenti successivi non sono stati rinvenuti, ma la ricerca continua.</span></div>
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<span style="font-family: "Trebuchet MS", sans-serif;"><br /></span></div>
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(<span style="color: red; font-family: Trebuchet MS, sans-serif;"><i>continua</i></span>)</div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-84282906290726012892018-05-18T09:35:00.000+02:002018-05-18T09:38:55.612+02:00Cavalieri imbecilli su merli sbagliati. 1<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2dSLfeuP4kW-kbjbWFu8lWxj_bXJ9Ti-sJ6HwwJcgh7BIBvjeWUaNyjOsfOKFqVRcLUbk4BVBYY6TBIP_YQu_zIE3ubcNZgUawGVLG1ahctXJeqeglOeDBttxibuVat_LnRpWjaAs8Cs/s1600/atto+n.1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1132" data-original-width="1600" height="282" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2dSLfeuP4kW-kbjbWFu8lWxj_bXJ9Ti-sJ6HwwJcgh7BIBvjeWUaNyjOsfOKFqVRcLUbk4BVBYY6TBIP_YQu_zIE3ubcNZgUawGVLG1ahctXJeqeglOeDBttxibuVat_LnRpWjaAs8Cs/s400/atto+n.1.jpg" width="400" /></a></div>
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Non salivo al Monte Castello da moltissimi anni e finalmente ci sono andato alla fine di aprile 2018 dopo aver visto da "terra", cioè dalla Piazza, una piccola selva bianca svettare tra i merli della costruzione simbolo della città: <i>Castiell'</i>.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Prima di arrivare ho esplorato la possente muraglia co le sue opere militari che mai avevo valorizzato in tutta la sua importanza architettonica e monumentale, attratto dal bel restauro del complesso (retrostante il castello più famoso) su cui varrà la pena di soffermarsi in altra occasione, perché la magnifica struttura, per lo più sconosciuta alla città, giace purtroppo in stato di semi-abbandono. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">La parte "spettacolare" del Castello è quella che vediamo dalle terrazze delle nostre case, avvolta dai fuochi della "Festa" per eccellenza. Una costruzione rifatta in varie epoche ma che mostra coraggiosamente ancora alcuni brani delle opere più antiche, fuse in un'unica cartolina di paese dopo la creazione "cinematografica" dei merli in cemento armato. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">La rocca oggi appare oggi "scempiata". Il verbo scempiare non credo esista, ma è il solo che mi viene da utilizzare per questa scena che ho fotografato da varie angolature. </span><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Una selva di antenne di varia foggia e misura è stata letteralmente cementata dentro ai merli, creando una specie di palcoscenico da teatrino dei pupi che, se non fosse tragico, bisognerebbe ammettere che addirittura presenta una sua forza evocatrice, insospettata, casuale e micidiale al tempo stesso.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Non è possibile che nessuno le abbia notate e che non si sia chiesto quale sia l'origine di questo atto vandalico. Per il momento non posso fare altro che scattare, tornare a valle e cercare di capire.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: red; font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">(<i>continua</i>)</span></div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-87473664845629488112018-02-05T12:36:00.002+01:002018-02-05T12:36:24.886+01:00La strada sbagliata e il regno del silenzio<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcZe3bXVcSgxuM7CXkyxvTa4gOdGx-rVvSapQ_nqN97kqscdEGFlOseW4pLA3pApRPS4lBY8dF9PZ28M7hyeRNTHcLpUxkeHqNt0Ld6eaBQHYUKfIgtSe4I9IAryUaVHqX8xWW3ZOBqiM/s1600/GE4_0361.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1065" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcZe3bXVcSgxuM7CXkyxvTa4gOdGx-rVvSapQ_nqN97kqscdEGFlOseW4pLA3pApRPS4lBY8dF9PZ28M7hyeRNTHcLpUxkeHqNt0Ld6eaBQHYUKfIgtSe4I9IAryUaVHqX8xWW3ZOBqiM/s640/GE4_0361.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Trebuchet MS, sans-serif;">Capita molto spesso di essere investiti da notizie di morti per incidenti sul lavoro, di tragedie ferroviarie, di uomini che in quanto uomini uccidono donne in quanto donne, di alluvioni devastanti, di gente che spara per uccidere l'altro da sé e così via piangendo. Cronisti e comunità si attivano per due o tre giorni e lanciano accorate dichiarazioni di solidarietà, sdegno, a volte addirittura di stupore, gridando "mai più" in faccia a quel dramma. Si scrivono striscioni sulle lenzuola tolte dall'armadio e poi si torna al regno del silenzio, si continua come prima anzi, a ben vedere, peggio di prima. Ma cos'è che ci attanaglia in questa morsa moderna in cui assistiamo impotenti al consumarsi di tutto ciò, dalla piccola storia di condominio fino agli armamenti nucleari e restiamo indifferenti, come se la cosa non potesse mai toccare a noi e come se noi fossimo sempre del tutto estranei ai percorsi che hanno generato quella tragedia? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Trebuchet MS, sans-serif;">Nella mia vita di artista sociale ho cercato di rispondere a questa domanda, anche quando non sapevo ancora di essere un artista sociale e scattavo semplicemente fotografie. Lo facevo in silenzio, come il mezzo fotografico aiuta a fare; forse questo isolamento non ha giovato alla condivisione del mio turbamento, indebolendo la mia capacità di metterlo in comune fin dalla fase di creazione: l'enormità di questi fenomeni, la loro diffusione e soprattutto l'accettazione "popolare" che si manifestava attraverso omertà, indifferenza, colpevoli menzogne, sorrisetti complici mi hanno spinto a mettere una specie di silenziatore alla mia camera e a farlo principalmente dentro di me, per me, rimandando l'urlo di dolore al momento in cui le mie opere sarebbero diventate stampe incorniciate, lezioni in aule scolastiche, poesie o scene teatrali. Ma all'inizio non lo sapevo. All'inizio non sapevo che fine avrebbero fatto quelle immagini in cui cercavo per le strade di Milano le radici della cultura della violenza degli uomini e della società sulle donne attraverso scatti ai cartelloni della pubblicità stradale, oppure fotografando le finestre di alluminio anodizzato che negli anni '70 devastavano facciate di palazzetti rinascimentali della mia città. Non lo sapevo. Scattavo e basta. Accumulavo rulli di scene in cui qualcosa stava accadendo, qualcosa era nata e cresceva nel silenzio del primo momento, quando quella "cosa" non era ancora grande ma non era più assente dal nostro panorama umano e sociale. Il fenomeno nel momento del suo divenire, l'alba della notizia su cui poi avremmo pianto negli anni successivi. Quando oggi racconto queste storie ai ragazzi, loro ascoltano con aria interrogativa e dopo un po' mi chiedono chi mi avesse chiesto di fare queste foto, chi mi avesse pagato per cercare quei soggetti spesso di così difficile reperimento e interpretazione, spesso soggetti simbolici, non di cronaca giornalistica, come i fiori che spuntano dalle rocce dei templi di Selinunte e che per me sono diventati Peppino Impastato in <i>antichissimo fiore</i>. La risposta a questa domanda, che può contribuire anche a rispondere alla domanda principale di questa riflessione è sempre stata "nessuno!" e genera di solito ulteriori espressioni interrogative sui loro volti. È difficile far capire – a loro che sono giovani oggi, ma anche a persone più adulte già immerse della dinamica sociale contemporanea italiana – che si può anche fare senza che nessuno ce lo chieda, interpretando il proprio ruolo sociale come quello di cittadine e cittadini attive/i. A spese proprie e nel tempo proprio. Una cosa di cui spesso quelle classi non hanno mai sentito parlare e quando la vengono a conoscere – la cittadinanza attiva, cioè "tu che ti sporchi le mani scendendo per strada e combattendo per un'idea che ritieni giusta" – riescono appena appena a sorridere, rilanciandomi quella sorta di estraneità tra me che l'ho fatto e loro che non sapevano che si poteva e doveva fare. Tuttavia, io sono andato avanti nella mia marginalità scomoda, contribuendo nel mio piccolo alla nascita di tiepide riflessioni che in alcuni casi sono poi diventate prese di coscienza matura, applicate a più vasti orizzonti di diritti e progresso sociale sostenibile. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Trebuchet MS, sans-serif;">Ci attanaglia dunque questa forza schiacciante della maggioranza indifferente e complice che risucchia anche noi, ci attanagliano le bugie ripetute ai telegiornali che diventano crudelmente realtà a furia di essere ripetute, ci attanaglia l'interesse personale che è stato sostituito di sana pianta e senza più voglia di discuterne alla bellezza del bene comune, ci attanaglia la povertà morale in cui siamo venuti lentamente a trovarci anche per colpa nostra e che ci lascia fermi e muti quando vediamo per strada un genitore picchiare un bambinetto di due anni o quando sentiamo le urla attraverso le pareti di quella donna che tra qualche giorno sarà distesa sul tavolo dell'obitorio. E io non mi sento migliore! So di aver fatto troppo poco e di essermi mille volte fermato per mancanza di energie da buttare nella fornace. Tuttavia, voglio continuare a cercare di liberarmi da queste tenaglie che mi vorrebbero impotente, lottare – prima di tutto dentro di me – per tenermi strette quelle energie che ancora sento vive e continuare a pensare che sarà bello condividerle con le altre e gli altri, partendo proprio dalle piccole comunità, dal mio microcosmo, dalle persone che condividono il mio spazio civico e che vorranno camminare su un'altra strada, una strada che ci porti fuori, anche lentamente, dai confini mefitici del regno del silenzio. </span></div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-43443067740477980342017-08-03T23:39:00.000+02:002017-08-06T10:13:54.333+02:00Perle ai porci e jazz agli animali.<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9stYxLiDPb8OdK2B1XzEtEbBQj-whr4uL-SJXx77mpHwRK9MTL7gSjazviKWBqs9k4lWrNibrZQRLuKBh_2CVD-R-WRsh12kqV8eCRbjQM4cklH90o_RKEC1H0cKCVtGQqWFIDGwHXlc/s1600/CIM_1264.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1065" data-original-width="1600" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9stYxLiDPb8OdK2B1XzEtEbBQj-whr4uL-SJXx77mpHwRK9MTL7gSjazviKWBqs9k4lWrNibrZQRLuKBh_2CVD-R-WRsh12kqV8eCRbjQM4cklH90o_RKEC1H0cKCVtGQqWFIDGwHXlc/s400/CIM_1264.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Nella boxe<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"> </span>esiste una combinazione di colpi, di cazzotti, che viene chiamata uno-due, ad indicare una scarica violenta e spesso fatale di pugni che manda KO o quasi il pugile che la riceve. La sensazione è la stessa che ho provato questa mattina, verso le 12, con mia figlia, durante la visita ad uno dei più importanti complessi architettonici e archeologici paleocristiani dell'Occidente (sì, dell'Occidente, non della provincia di Napoli): Cimitile.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Il luogo si direbbe poco frequentato dai turisti, credo sia poco noto agli italiani, direi per niente apprezzato dai cittadini locali, visto lo stato in cui versa. Pur in pieno periodo di vacanze e turismo, noi due eravamo gli unici visitatori di quello che definirlo un sito archeologico va bene perché siamo in Italia, altrimenti si sarebbe chiamato, viste le condizioni, un luogo abbandonato, post-bellico, già nella parte monumentale (dopo capirete perché dico "già"). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Il primo dei due cazzotti metaforici è stato alimentato dai soliti scavi fatti senza alcun progetto successivo di fruizione e malamente abbandonati nel tempo, reperti sparsi al suolo, recinzioni vergognose di legno marcio e ferro arrugginito, sparuti foglietti con le spiegazioni tagliate in due dalle intemperie, </span><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">fari improvvisati messi per terra, </span><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">sedie rotte e masserizie abbandonate negli angoli che mi sono rifiutato di fotografare per il dolore, personale sul sito assente, tranne il gentile custode all'ingresso, polvere e degrado da far piangere il mio cuore di archeologo e di cittadino dell'Europa, quell'Europa che ci consente impunemente tutte queste licenze di uccidere un patrimonio che appartiene a tutti. Tuttavia, i resti monumentali pur nella loro impossibile comprensione stratigrafica sono mirabili, straordinari, da lasciare senza fiato chi ci entra e mai si aspetterebbe di trovarsi davanti a quelle testimonianze tanto preziose nascoste nello stretto vicolo tra le case. Insomma, un luogo straordinario, da visitare obbligatoriamente.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQWxvyAmW-cpJneTE90GWg4kqo9_lFq3r5vkLKXoPiIv1P0b1k0wZfkHGZU21AcMIoYvGBsakrcX8g1NKY340uldPxGZ9VBnmZq57tgc61nKZAoug261i7WFO5txx2W3ijJhHukjPVtXI/s1600/CIM_1364.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1065" data-original-width="1600" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQWxvyAmW-cpJneTE90GWg4kqo9_lFq3r5vkLKXoPiIv1P0b1k0wZfkHGZU21AcMIoYvGBsakrcX8g1NKY340uldPxGZ9VBnmZq57tgc61nKZAoug261i7WFO5txx2W3ijJhHukjPVtXI/s400/CIM_1364.jpg" width="400" /></a><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Poi c'è il secondo cazzotto. Nell'area tra gli edifici sacri ieri sera si è tenuto un concerto del festival <i>Pomigliano <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">J</span>azz in Campania</i>, iniziativa di grande interesse che viene tenuta in spazi molto suggestivi come il cratere del Vesuvio, anfiteatri, musei, scavi ecc. Ottima idea. Ottima iniziativa che non ha certo bisogno del mio sostegno. Purtroppo la collocazione all'interno dell'area archeologica di Cimitile e lo svolgimento del concerto – che mi auguro essere stato un successo – sono stati funestati dal comportamento degli spettatori e, in buona sostanza anche degli organizzatori e dei padroni di casa, che hanno pensato bene di lasciare una montagna di rifiuti sparsi sul prato, esattamente dove si erano accomodati, a spregio e sfregio del luogo che li ospitava e di coloro che all'indomani avrebbero magari visitato il sito. Bottiglie, lattine, bicchieri, programmi del festival, resti di panini, cartacce: tutto al suolo, senza ritegno, senza vergogna, abbandonato lì a far bello spettacolo del livello di cultura e civiltà dei presenti. Eppure si diceva che la musica <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">j</span>azz è una musica colta, apprezzata da persone che dovrebbero forse aver acquisito un patrimonio di conoscenze sufficiente almeno a dire "metto la lattina vuota nel contenitore della spazzatura", pure presente. Uno spettacolo immondo. </span><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Parliamo
col custode che si mortifica e dice che dovrebbero venire gli operatori
del comune e comincia a raccogliere la spazzatura da solo, con le mani, aiutato da un ragazzino. Usciamo e chiamiamo il Comune. Nessuno
risponde. Decidiamo di andarci fisicamente. Chiediamo a una persona che
ha un negozio nei pressi e ci dice che lui non sa dove sono i vigili né
il comune (vedi scene cult della filmografia sulla mafia). Un altro invece ci da
l'indicazione tanto segreta e ci andiamo. Deserto. Compare un costode
che ci chiede se siamo cittadini di Cimitile per presentare quel reclamo
e io rispondo che siamo cittadini d'Europa. Straniato, gli manca la parola e ci manda a
parlare con l'ufficio detto "tecnico". Visibilmente disturbiamo due
signori intenti a fare qualcosa e presentiamo il caso. Si meravigliano
della nostra protesta e senza guardarci troppo in faccia ci dicono che
entro sera qualcuno dovrebbe andare a pulire. Entro sera. Salutiamo e ce
ne andiamo convinti che di più non possiamo fare in quel posto semi-deserto che ricorda molto da vicino la sensazione semi-desertica che
abbiamo provato negli scavi qualche minuto prima</span>. Partiamo alla volta della Reggia di Caserta. </span></div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-70474542595322403542017-03-29T00:19:00.000+02:002017-03-29T00:19:02.899+02:00Le lacrime, il tempo e le ciliegie<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmccXJ7DvZIFqHcxnBqX9WBeUgc0ciVvXfgQIuh_IWFvYbE5bjgQ20lVNRRhQaKw7S9tOUmwvrxsSc4tDliHh8gvIdgYjOwYiJekgRuZ-QRNSNoSWv4rcYgn5slWQI-gZbW5XgKeXOriI/s1600/AMA_3008.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmccXJ7DvZIFqHcxnBqX9WBeUgc0ciVvXfgQIuh_IWFvYbE5bjgQ20lVNRRhQaKw7S9tOUmwvrxsSc4tDliHh8gvIdgYjOwYiJekgRuZ-QRNSNoSWv4rcYgn5slWQI-gZbW5XgKeXOriI/s400/AMA_3008.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Treno Napoli-Milano 23 marzo 2017 h.8:25.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Dal posto 4 della carrozza 8 di Italo guardo Napoli che si allontana a marcia indietro. Torno a Milano per l'ultima volta da residente e mi preparo a lasciarla dopo 27 anni e a tornare, dopo 36, a vivere nel luogo in cui sono nato: Cava de' Tirreni. Ascolto per accelerare l'emozione e la commozione le canzoni napoletane cantate da Massimo Ranieri della raccolta che contiene "Cerase", scoperta che devo a Rossella Savio. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">La canzone racconta di lacrime grandi come ciliegie e mi accorgo che sto piangendo in silenzio anch'io guardando fuori campagne come giardini e discariche come inferni. Il tempo comanda ora più che mai le mie giornate, una successione di avvenimenti vissuti in solitaria, decisioni, manovre, trasporti, appuntamenti che asciugano inesorabilmente la clessidra di sopra per riempire quella di sotto.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Ho calcolato approssimativamente il numero delle persone care che vorrei abbracciare prima di partire, persone che vorrei salutare una per una per afferrare ancora una volta quei sorrisi e gettarli nella mia sporta ricamata a fiori: sono più di cento, forse duecento, trecento. Troppi. Mi arrendo. Resto impotente di fronte al tempo e alle energie che mi mancano. Non ce la posso fare! I giorni mi si sono consumati tra le mani, la decisione è stata presa velocemente e tutto il resto è rotolato appresso. Allora cerco consolazione a questo dolore affidando l'abbraccio al ricordo dei momenti più belli vissuti insieme, quelli passati per strada, alle feste, nella politica, nel negozio, sulle zattere, nelle scuole, negli uffici. Rivedo in una folla chiassosa tutti i visi apparsi sulla mia scena per caso, per amore, per passione, per insegnarmi, </span><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">per ascoltarmi, </span><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">per ospitarmi in questa metropoli che in fondo non sono riuscito ad amare ma che mi ha regalato quest'immensa miniera fatta storie che non mi lasceranno. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Piango su un treno che segna 300 km/h, vado su e giù per il mio calendario, pronto a ripartire ancora una volta, per una vita nuova e intanto penso mestamente che non ho avuto il tempo di avvertire quasi nessuna di tutte queste persone. Ormai non posso fare più niente per rimediare e non mi resta che abbracciare il silenzio benevolo, sapendo che continueremo a volerci bene. </span></div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-806366964243252562016-12-08T11:14:00.004+01:002016-12-08T11:25:22.946+01:00I tempi, i diaframmi e la disciplina delle cose semplici.<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisr70zEtIzGg7OrviKcIRih_07Sw6l2CGAdd4tKK_T8pF8M3DnmfoVzGs3lazUlTg6DArGghRyZicAt6Q5KkOFT4X8P0mq-53LG-goLp2aOGWPE6fJehTrZiUEqSH7hkASa8c1lbUtrMQ/s1600/000772260006.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="318" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisr70zEtIzGg7OrviKcIRih_07Sw6l2CGAdd4tKK_T8pF8M3DnmfoVzGs3lazUlTg6DArGghRyZicAt6Q5KkOFT4X8P0mq-53LG-goLp2aOGWPE6fJehTrZiUEqSH7hkASa8c1lbUtrMQ/s400/000772260006.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Accade da molti anni ormai di vivere in un mondo dominato dalla comunicazione di massa, anzi, per dire meglio, della comunicazione <i>alle</i> masse. <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">E questo lo sappiamo<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">. Ma</span> troppo spesso ci dimentichiamo che l</span>e <i>masse</i> siamo noi, l<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">e masse </span>sono quelli che sono costretti in que<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">sto <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">disequilibrio planetario </span></span>ad assorbire, ad ascoltare quello che viene raccontato e rappresentato, perché da una parte non hanno <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">un</span> reale potere di conoscere le cose decisive che accadono nel proprio paese e <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">ne</span>l pianeta tutto e<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">, dall'altro, </span>non hanno nessun mezzo <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">potente</span> per informare un numero significativo di "altri" rispetto alle cose che invece accadono intorno a loro<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"> </span>e di cui s<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">ono</span> testimoni. </span><br />
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Le masse siamo noi, quelli che finiscono per vivere in una gigantesca bolla la cui aria è costituita appunto da quelle informazioni che i pochi con il potere di farlo inseriscono ad arte. E cosa succede dopo tanta esposizione a quest'aria viziata? Succede che ne siamo completamente pervasi e la respiriamo senza più accorgercene e diventiamo protagonisti di scelte e di vite che nemmeno più ci appartengono.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Questa banale metafora in cui l'aria che respiriamo è paragonata in maniere elementare all'informazione <i>alle </i>masse – cioè alla conoscenza delle cose che accadono lontano da noi, là dove noi non stiamo fisicamente, non siamo presenti con gli occhi e le orecchie aperte e liberi da condizionamenti – mi è venuta in mente in queste ore in cui sono stati pubblicati i risultati del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, Santa Barbara! </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Sarebbe troppo lungo e fuori dalla mia capacità di analisi sociologica una descrizione del <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">process</span>o che ci ha portat<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">i</span> in questi lunghissimi anni a vivere così, in questo modo improbabile, dove la vita di ognuno e ognuna di noi non fa che peggiorare giorno dopo giorno, dove il progresso è diventat<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">o</span> una pagina di storia ingiallita e i protagonisti dell'informazione <i>alle</i> masse ci tengono svegli e allegri artificialmente come con le galline dalle lampade accese nelle stalle. </span><br />
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Mi limito quindi a scrivere le mie spontanee riflessioni e le racconto in modo oscillante e lievemente sfocato postandole sotto la fotografia di un meraviglioso bocciolo che spunta in purezza da una rosa appassita al Roseto della Villa Reale di Monza. Forza della metafora!</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Ascoltiamo volontariamente menzogne, ce ne convinciamo e viviamo come se quella fosse la realtà. E se ne convincono persone che io conosco e di cui apprezzo l'intelligenza, la cultura, l'onestà. Ripetono slogan e frasi che non poggiano su niente e nascondono le verità semplici che potrebbero scoprire facilmente mettendo a nudo quell'informazione manipolata, quell'aria viziata che respirano. </span><br />
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Ma perché lo fanno? Perché <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">– </span>a dosi differenti per ognuno di noi <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">– </span>lo facciamo? A quale mondo pensiamo quando continuiamo a convincerci e a ripetere cose false o altamente improbabili che sappiamo essere di parte, motivate da interessi che in fin dei conti non sono i nostri, che potrebbero portare dei benefici per noi effimeri, lontanissimi, o quasi sempre non li portano e – attenzione attenzione – non li hanno portati<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"> per niente</span> già in passato? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Continuiamo a subire anche dopo aver avuto una, due, tre, cento verifiche della falsità e della menzogna di quelle argomentazioni, notizie, analisi. Ci rimettiamo il cappuccio e continuiamo a camminare sorridendo a testa bassa, forse per non piangere. </span><br />
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Difendiamo poteri forti e stili di vita che non sono nostri<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">, </span>che non raggiungeremo mai e che forse non ci interesserebbe nemmeno raggiungere. Ci iscriviamo idealmente a club esclusivi che ridono di noi e non ci farebbero mai entrare nelle stanze del comando. Non ci ricordiamo di aver<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"> sentito parlare, di avere letto<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"> </span>dei </span>semplici <i>perché</i> che pure da qualche parte non lontanissima esistono e sono stati svelati fin nei minimi dettagli da coraggiosi individui che li hanno già smascherati. Tutto ci è stato detto ANCHE in un modo differente, vero, più vicino alla realtà dei fat<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">ti</span>, tutto è già stato pubblicato: le guerre, le stragi, gli omicidi, le mafie, la politica, il condominio, il lavoro, il clima, le migrazioni e tutto e tutto e tutto. Volendo, sappiamo già tutto. Voltiamoci indietro a guardare lo sviluppo dei grandi fatti della storia recente: tutto era già chiaro e conosciuto fin dall'origine, fin dalle prime menzogne: da Peppino Impastato alla Guerra del Golfo, dalla storia di questo assurdo referen<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">dum alle stragi di migranti</span>, da Ilaria A<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">lpi </span>alle <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">bombe di piazza, dagli aerei che esplodono</span> alle cure per l'AIDS in Africa<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">, dall'EXPO vero a quello raccontato.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Mi chiedo allora perché non diventiamo tutti maggiormente osservanti di quella che chiamerei <b>disciplina d<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">ell</span>e cose semplici</b> che ci dovrebbe far dire: la verità è piccola, quasi sommersa, ma c'è, la conosco ed è diversa da quella che viene raccontata ogni giorno a miliardi di persone<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">,</span> <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">l</span>a vado a scavare e magari me ne faccio addirittura portavoce<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">.</span></span> </span><br />
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Credo che ciò avvenga perché<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"> </span>ormai le masse che vivono artificialmente quelle <i>vite a prestito</i> sono diventate troppo grandi, sono aggressive, sono dappertutto, si sono autoproclamate vincenti (!!!) al pari dei vincenti veri, di quei pochissimi che comandano<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">. Q<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">ueste masse</span></span> ci schiacciano, ci soffocano nella nostra piccola diversità, nella nostra accanita e a volte ossessiva ricerca di semplicità. I valori, le convinzioni dominanti non riusciamo più a combatterli perché sono entrati nel cuore dei nostri vicini, dei nostri amici, dei nostri amori e <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">un</span>a loro difesa ci mostrerebbe a<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">gli</span> occhi di queste persone come romantici, </span><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">anacronisti<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">ci</span>, </span><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">idealisti, troppo-puri, scomodi, fastidiosi, perdenti, sfigati, secondari, marginali, inferiori. E noi non possiamo permettercelo: siamo troppo deboli, troppo soli, è troppo faticoso, troppo doloroso. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Ma saremo sempre deboli se continueremo a contarci e immaginarci cosi: uno, uno, uno, uno. <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Dovremmo pian piano cominciare a contarci</span> uno, due, tre, quattro<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">.</span> In quel caso ci sentiremmo sicuramente </span><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">più forti. M</span><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">a anche questo non basterebbe. Ci vorrebbe anche in questo caso un cambio di prospettiva, dovremmo amare di più la <b><i>disciplina dell<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">e cose</span> semplici</i></b>. Non basta essere in tanti occorre essere liberi e felici di indossare quella veste da "elementare", da "semplice", e presentarsi noncuranti dell'opinione delle masse che ci circondano, ci giudicano e ci guardano strani da sotto ai cappucci, sapendo che la verità non dobbiamo farcela inculcare ma dobbiamo cercarla e raccontarla al di fuori di interessi di parte concreti o <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">immaginari</span> che siano, e, soprattutto, al di fuori dei nostri interessi personali e della nostra ricerca di potere individuale. Una verità scomoda e dolorosa – che potrebbe riguardare lo stato della nostra vita presente e futura, il nostro lavoro e quello dei nostri figli, le difficoltà dei nostri amici e delle persone che ci circondano, il dolore profondo delle relazioni moderne tra individui vicini e lontani <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">–</span> sarebbe sempre meglio di una menzogna, sarebbe meglio conoscerla per quello che è e raccontarsela piuttosto che seppellirla nella polvere. </span><br />
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Per riportare il pensiero nell'alveo di questo <b>blog dedicato alla fotografia e alla politica,</b> dico che<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"> nel</span>la mia esperienza di artista, la semplicità di questa disciplina sociale è molto simile a quella che esiste per<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"> </span>la fotografia d'autore, dove <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">si </span>racconta il pensiero di un uomo o di una donna attraverso un fotogramma di poesia e di luce. Un prodotto apparentemente complesso, esattamente come la nostra vita sociale, ma costituito in fondo da tanti elementi semplici, elementari, che vanno combinati in una struttura articolata e potente, funzionale come un bilancio di un<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">'azienda, la gestione di una ASL o la riforma di una costituzione democr<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">atica</span></span>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Ecco a cosa penso quando penso alla <i><b>disciplina </b></i></span><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"><i><b><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"><b><i>dell<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">e cose</span> semplici</i></b></span></b></i>: un processo rigoroso, disciplinato appunto, libero, lungo <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">il quale</span> attingere a valori reali e dare vita a un progetto reale, da condividere, veritiero, che non domandi asservimento a poteri di altri che non diventeranno mai nostri e che non dovremmo nemmeno nominare, una vita di pensiero che non ci costringa a mentire a noi stessi, che sia leggero<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"> e</span> libero ma forte e destinato a farci del bene. Quindi, per <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">saltare alla fotografia, </span>non <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">realizzare scatti </span>alla maniera di..., secondo la moda imperante in rete, ma scattare immagini nuove, regolando con lentezza e <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">consapevolezza tempi e diaframmi, mette<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">ndo a </span>fuoco per ricercare le verità della realtà che abbiamo di fronte e raccontarle in maniera originale, finalmente nostra.</span></span><br />
<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Da questa semplicità individuale credo possa derivare <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">un maggiore</span> benessere per tutti e a<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">nche... </span>un migliore album di foto, in quest<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">'</span>epoca di sofferenza globale per l'occhio e per il cuore. <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">Tuttavia, p<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">er fare <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">ciò</span></span></span><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"> dobbiamo avere la forza di lasciare d<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">a parte i nostri interessi, sì<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">!</span> i nostri interessi spasmodicamente difesi e dedicare una parte importante delle nostre forze alla formazione di un interesse comune, portato verso il più grande numero di persone possibili e non asservirci volontariamente al mondo del potere e dell'<i>interesse privatissimo di pochissimi</i><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;"> che di noi, delle masse, non si curano affatto e che... non guarderebbero mai le no<span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">stre fotografie perchè non <span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif;">saremo seduti mai nel</span> loro fottutissimo salotto</span>.</span></span></span></span></div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-32824982896192288492016-11-11T11:15:00.003+01:002016-11-11T11:17:50.069+01:0011_11_11 La nascita del lupo e la "pressione di genere".<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdfKpNTe8olzIUPEKAv1tz-Ip4LHdkG4yTEdoSWY5UonADid1DtQy59euJRfnFZZbY51ubcywV1U07mISZUvbnJh_zlK6S5n470ab8d7Oix6QaHxyWD-PdJHZiMRIEjcspcpi-sF_Yzc8/s640/copertina+NATALE+2013.jpg" width="376" /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Sono passati 5 anni dall'uscita del libro e oggi 11 novembre 2016 posso
raccontare un pezzo della sua vita, timida, piuttosto isolata ma
coraggiosa: sono fiero di lui! Delle 1490 copie stampate a spese mie
oltre 1200 sono state vendute. Quasi una per una, a volte una sola
soletta in presentazioni in periferia, altre volte tante insieme in
affollate conferenze. Certamente, per un libro senza editore, senza
pubblicità, quasi senza libreria e senza recensioni da parte dei pur
numerosi professionisti e professioniste della stampa che lo hanno
conosciuto, direi che è stato un risultato che mi fa dire "ne valeva la
pena". Intanto l'Italia mi sembra ulteriormente cambiata, andando
mestamente verso una piccola e silenziosa palude bollente, la tensione
sociale è ulteriormente diminuita e le donne continuano ad essere
ammazzate dai mariti. Dal canto suo, la pubblicità stradale non fa una
piega, continua per la sua strada, non cambia, non si rinnova, passa
alle bambine come previsto, continua nella stanca scia di un'epoca
maschilista che sta definitivamente tramontando ma loro non possono
dirlo e fanno finta di niente. Danno le ultime batoste, gli ultimi
micidiali colpi di coda. In questi 5 anni tante altre donne sono emerse
sulla scena nazionale e mondiale, nei luoghi del potere a vario livello e
ormai si comincia a sentire forte quella che mi piacerebbe chiamare "la
pressione di genere", cioè la spinta che non può che essere destinata
al successo dei milioni e milioni di donne che negli anni passati e
difficilissimi del maschilismo "antropologico", cioè millenario, hanno
studiato, hanno lottato, hanno capito, si sono fatte largo. Ora sono lì,
a milioni, pronte, che sanno come si fa camminare un treno, come si
programma l'economia capitalista e anche quella non capitalista, come si
amministra una città, una banca, un corpo dei vigili urbani. Siedono
nei banchi alti della politica, della giustizia, della scienza, molto
in alto e ci affiancano pronte a superarci. Dal canto nostro, come fa la
pubblicità, noi uomini continuiamo a far finta di niente, crediamo che
il nostro potere maschile sia eterno, sia biologico, ma non è più così.
Tramontata la clava, inutile il muscolo, oggi si schiacciano tasti
leggerissimi, si sfiorano schermi cristallini, si comanda con la parola e
l'immagine. Cose immateriali, affidate al pensiero, al
sapere-come-si-fa. La rivoluzione è finita, ma nessuno ce lo dice.
Sarebbe utile a questo punto addirittura anticipare i tempi e cominciare
già a discutere che tipo di potere sarà quello delle donne al potere,
che destino avremo noi uomini lentamente scivolati fuori per nostra
manifesta incapacità di restare lì, dove si comanda il mondo. Ci
vorranno ancora degli anni, ma tutti i processi in via di formazione
passano per strade lente e inarrestabili e sarebbe meglio interrogarsi
fin da ora su quello che troveremo alla fine del sentiero. </div>
<div style="text-align: justify;">
Intanto, non fate finta di niente anche voi e prendete in mano una delle
ultime copie del piccolo, timido libro di un fotografo che tanti anni
fa ci aveva creduto. </div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-17770150506754703092016-04-07T00:00:00.001+02:002016-04-07T00:00:41.458+02:00Il babà, gli amici e Pasquetta<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgx3j3zRhIUxFjgf8GCFtgUdTFdW3WWyJHqcbbNFJczAKjk0p97qogEgBs8GpoF-HebgGXmAlEjA05kwn6fyfcgsD58uzviKFpnqONL55cciNOf6aYVkK72vSOb4dmT9Uy8j5AI75W-18I/s1600/_WMP0989.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgx3j3zRhIUxFjgf8GCFtgUdTFdW3WWyJHqcbbNFJczAKjk0p97qogEgBs8GpoF-HebgGXmAlEjA05kwn6fyfcgsD58uzviKFpnqONL55cciNOf6aYVkK72vSOb4dmT9Uy8j5AI75W-18I/s640/_WMP0989.JPG" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Ci sono luoghi e date che abbiamo il dovere di coltivare come una parte importante di noi, della nostra storia, della nostra vita collettiva e intima. Una di queste date, fusa con un luogo ormai rituale, è la pasquetta a casa di Gabriele e Chiara. Quarello e Vitiello: si sono sposati che fanno pure rima... e delle loro tre figlie che crescono in fretta come gli alberi di limoni sul terrazzino. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Ci sono andato tutte le volte che ho potuto in questi ultimi anni non tanto per fare un piacere a loro, ma per farlo a me e alle persone che ci sono venute con me. Una casa di traverso al giardino che è messo di traverso al panorama sulla città della Cava, le mie origini, che guardo da lontano come se fosse un film. Ci arrivo sempre che la piccola brace è già accesa e questo è un primo elemento distintivo: si tratta sempre di strutturine pericolanti, timide, troppo piccole e malferme, dove però vengono arrostiti cibi di bontà sublime. Niente fornetti bianchi da villetta al mare, niente sfarzi di barbecù con termoaspiratore: una "gratiglia" o dei blocchi di cemento di colori diversi incastrati in qualche modo dove implacabile arde la brace di legna a metri zero. Sì, qui si mangiano e si bruciano cose a metri zero, o due. I limoni se non stai attento ti possono anche cadere nel piatto se ci stai seduto sotto. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Descritto così, sembrerebbe un posto dove vai per mangiare e basta, abboffarti spudoratamente anche nel giorno dopo l'abboffata pasquale. E invece no! Io ci vado per farmi una sauna di amicizia, un bagno benevolo tra persone di cui spesso ignoro tanta parte di storia, confondo nomi e cognomi, ritrovo solo qui a pasquetta, di anno in anno. A volte più magri a volte più grassi, come me del resto. L'amicizia di cui sto parlando è un vento tiepido che entra sotto la maglia e ti rende immune dai rafreddori dell'indifferenza cittadina che da troppo tempo mi vortica intorno. Sono persone essenziali, dirette, che si muovono finalmente piano e che hanno la costanza di restare due, tre, quattro ore vicino alla brace per arrostire carciofi (grandi assenti dell'edizione 2016) salsicce, pancette, pane e pomodoro e, da quest'anno, foglie di limone attorno a tutto. Una nuova droga, un delirio di profumo che ha cominciato a foderare ogni pietanza: dal coniglio alle salsicce, bruciacchiando al calore e producendo tizzoni odorosi di costiera e vecchie zie. Mi sento voluto bene e circolo senza meta tra la cucina arredata con la dolcezza sicura di Chiara e il giardinetto dove quel bellissimo coltivatore-dalla-faccia-di-attore-americano di Gabriele ridisegna ogni anno percorsi di improbabili recinti per tartarughe, melanzane, antiche piante di calle, compostiere rigorosamente bio e legna da ardere. Il cibo allora diventa un modo per tenerci più stretti, per offrire all'altro la cosa migliore che sappiamo fare, per mettercela tutta a restare nel solco delle tradizioni con la dose di fiori d'arancio come diceva la nonna ma sconvolta dall'innovazione della cugina che non sappiamo perché sia stata ascoltata. E quando ti sembra che sia finita, quando il babà giace muto nella "guantierina", fiero del suo profilo a piede di elefante che mi ricorda sempre la mia prima comunione, ritornano le salsicce, le migliori della giornata, quelle lasciate ad arrostire da sole in un atto di autocoscienza culinaria a beneficio dei fuochisti che sono rientrati in cucina. E poi i "limoncelli" che però sono fatti con i cedri di Santa Maria del Cedro, il mirto con le bacche "colte" da Gabriele distrattamente in un giardino, con rosoli in bottiglie senza aspettative ma che aspetteresti tutta la vita per averne il contenuto. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">E io in tutto questo benessere do di mano alla mia natura, prendo la mia macchina fotografica e fotografo tutto, pezzi di pastiera, resti di pasta al forno, foglie costodi di pezzettini di coniglio, pastiere semisventrate, bicchierini, piatti unti di olio dal colore dell'oro, limoni e gelsomini profumati. Mi perdo con l'occhio, ma soprattutto col cuore, a immortalare questa semplicità, questa natura che è naturalezza, questa amicizia che si riflette nei vetri gialli di alcool. Mi sembra di fare una cosa importante, scattare delle fotografie "proletarie", dalla parte del popolo che mangia e non dei tipi che vendono, di fare una cosa giusta che deve restare, senza il segno dell'eleganza finta ma della vita vera. Delle foto che siano il nostro distintivo, la nostra memoria semplice e, perciò, rivoluzionaria e avanti. </span></div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-48571384952871843392015-06-22T12:30:00.000+02:002015-06-22T12:30:33.707+02:00Vitruvio, il faraone e la Fondazione<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxUWsKpJtD6Xf7IrBcywQAfjgJzp3-HLukgPxPcWyYn7Zu5J3qVTwSe2Qd0-t6neXlF3A390PEghntFmPJTvj6mEUzUC94mAfFHIQoOJYAaT2Y03f0dgQ0FsHlKK0ly2zwcGkenyUyFEY/s1600/136-09.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="414" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxUWsKpJtD6Xf7IrBcywQAfjgJzp3-HLukgPxPcWyYn7Zu5J3qVTwSe2Qd0-t6neXlF3A390PEghntFmPJTvj6mEUzUC94mAfFHIQoOJYAaT2Y03f0dgQ0FsHlKK0ly2zwcGkenyUyFEY/s640/136-09.JPG" width="640" /></a></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Vitruvio sarebbe contento! Vitruvio sarebbe contento? I moderni ormai tributano un omaggio </span><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">all'architettura</span><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"> che potremmo definire estremo, altissimo, addirittura deferente. Le attribuiscono un valore a sé, svincolata dall'applicazione all'umano per cui è stata concepita e realizzata, come un sentimento sublime, come un altare luminoso dove svolgere rituali (incomprensibili</span><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"> a noi volgo)</span><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">, un'entità astratta – pur nella sua massiccia e devastante materialità – verso cui provare una soggezione addirittura esaltante: starci al cospetto ci lascia piccoli ma ci fa importanti, ci fa appartenere al mondo meraviglioso di quelli che sanno i nomi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">I visitatori italiani e stranieri della Fondazione Prada di Milano in questa domenica 21 giugno, inizio fulgido d'estate, si perdono lentamente nello spazio architettato come piccoli astronauti: si spostano e si guardano intorno riflessi nel freddo dei cristalli, degli acciai a specchio, degli intonaci d'oro che rimandano le luci di un cielo milanese veramente meraviglioso.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Il personale in abbondanza è </span><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">schierato senza smagliature ai posti strategici e si sposta rapido su una scacchiera invisibile indossando</span><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"> </span><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">impeccabili </span><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">divise d'ordinanza che conferiscono loro un aspetto di piccoli guardiani e guardiane severi. Si muovono o stanno, circondati dallo straniante silenzio dei volumi rotto appena da basse voci bisbigliate, come si conviene a un santuario. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Ero venuto per visitare la mostra sulle ripetizioni di modelli scultorei nell'antichità (una mostra curata da uno dei miei miti culturali, stranamente impegnato in questa azione "fuori campo popolare"), ma non sono entrato. A 10 euro per poco più di un'ora ho deciso di non entrare. Sì. Oggi in via eccezionale il biglietto resta intero ma la Fondazione chiude alle 15. Nessuno te lo dice mentre entri. Nessuno te lo dice mentre fai il biglietto. A me lo ha detto un'amica che ho incontrato lì. Arrabbiata. In effetti, resto in coda qualche breve minuto e non sento mai nessuna delle hostess dire alle persone che fanno il biglietto intero che hanno meno di 2 ore per visitare 4 mostre e, addirittura, a due dicono anche che c'è il film da vedere. Nemmeno a me lo dicono finché non lo chiedo (questo almeno fino alle 13:15, momento della mia coda. Poi quando starò per andare via alle 14,15 sento che lo dicono e alcune persone ovviamente rinunciano. Altri pagano e corrono dentro).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Le hostess sono addestrate, come ormai accade in ogni luogo milanese alla moda, ad essere gentilmente scortesi e arroganti, al lavaggio delle mani, al rimbalzo delle lamentele. Chiedo se c'è una riduzione del biglietto ma mi risponde col sorrisetto – d'ordinanza anch'esso – che non è compito suo, non posso chiedere niente, non posso parlare con nessuno. Che loro lo hanno scritto sul sito bello grande e che IO non l'ho visto. Lei e le sue colleghe lo hanno visto vero? Prima di uscire di casa ho guardato il sito per vedere gli orari e non c'era scritto niente, ma lei questo non lo sa perché il sito ha possibilità di accesso da due tipi di ricerca. Se cerchi "Milano Fondazione Prada" ti manda a questa pagina http://www.fondazioneprada.org/visit/visit-milano/ dove NON c'è scritto niente. Se invece cerchi Fondazione Prada Milano ti rimanda a un'altra pagina dove effettivamente ho trovato poi che c'era scritto http://www.fondazioneprada.org/. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Ho l'impressione,
come ho già avuto modo di pensare in passato in situazioni analoghe milanesi, che chi sta dentro si senta
un po' superiore a chi sta fuori, anche se fa la hostess a 800 euro al
mese con – forse – un contratto a progetto (ma qui non so come funziona il job job).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Lascio la biglietteria e esco all'aperto. Mi siedo al sole negli spazi di cemento, vetro, ferro, alluminio, specchi, tozzetti di legno immersi nella sabbia, materie tagliate in ogni forma per concorrere a un'architettura, diciamolo pure, performante assai.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Le persone fotografano ossessivamente tutto quello che possono, naturalmente coi telefoni, si fanno ritratti allo specchio (come se non ne avessero uno a casa, ma qui è qui!), scattano competenti foto ai dettagli architettonici, ai tubi, alle scale, alle lamiere, alle passerelle traforate, ai bagni con 4 rotoli di carta igienica che scendono a secondo del peso specifico di ognuno dettato dalla quantità di carta (geniale!!!!). Fotografano tutto e lo mandano agli amici! Addirittura una ragazza all'uscita fotograferà i manifesti pubblicitari che stanno come giganti per strada. Per fortuna fanno tutto in silenzio. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Ero venuto </span><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">per fotografare i marmi </span><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">con la machina con la pellicola, volevo sentirmi un po' a casa, ma resto amareggiato e non scatto niente. Sono seduto sotto un albero tarchiato e immagino di avere accanto Vitruvio e discutere con lui. Certo, non possiamo immaginare cosa direbbe un uomo di tanti secoli fa davanti a una faraonata del genere in cui l'elemento uomo non sembra al centro della storia. Non lo so. Gli chiederei se è d'accordo con me, semplice uomo dentro l'architettura, che il progetto sembra escludermi, estraniarmi, sembra sopravanzare l'uomo, sopravanzare me. Aspetto la sua risposta e sono quasi le due.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">I visitatori continuano ad entrare dai cancelli apertissimi. Ritorno dentro. Giù. Ritiro lo zaino e approfitto per chiedere alla guardarobiera perchè non mi ha avvertito nemmeno lei quando ho depositato lo zaino che avrebbero chiuso prima. Mi risponde candida che oggi chiude prima (a prezzo sempre intero) perché c'è un evento della moda. Lo dice come se fosse un evento soprannaturale, irrefutabile, imprescindibile, divino quasi. Le chiedo come mai non mettono un cartello, una fotocopia per quelli che sono usciti meschini di casa senza prima collegarsi a internet e mi dice che "non è nello stile Prada mettere i cartelli". Esco sconfitto e muto. Chissà cosa avrebbe pensato Vitruvio dello stile Prada.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Me ne vado in bicicletta e arrivo a viale Umbria dove credo di aver beccato un funerale cibernetico, fantascientifico: macchine nere a profusione, pulmini neri, persone giovani (femmine) e adulte (maschi) tutte vestite di nero. Serissime e impassibili stanno per strada dappertutto. Aprono le portiere nere dalla seconda fila e faccio fatica a passare vivo sul viale dove si sta tenendo questo funerale faraonico. Si vede che oggi è la giornata dei faraoni. Invece capisco che si tratta anche qui di un evento. Si un magnifico evento dedicato alla vendita dei vestiti italiani cuciti all'estero a persone che probabilmente risiedono in maggioranza all'estero. Chiedo ai due vigili che sono lì a sorvegliare il funerale faraonico perchè non liberano la strada e garantiscono la sicurezza ai passanti sul viale, mi risponde che non può perché sono lì per salvaguardare l'incolumità dei cittadini che passano davanti all'evento, non sulla corsia opposta e che sono pagati dalla ditta dei vestiti e che sono solo due e che ce ne vorrebbereo almeno otto ma i privati non vogliono pagarne otto e che non può menneno chiamare la centrale con la radio perchè tanto un'altra macchina non gliela mandano e che ho ragione ma che non può farci niente.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Anch'io non posso farci più niente. Faccio accomodare Vitruvio sulla canna della bicicletta e lo invito a mangiare in un all you can eat cinese. </span></div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-86720287067869049322015-02-18T00:34:00.000+01:002015-02-18T00:34:04.478+01:00Famà che torna in Africa<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2Za_k-EAshoBDXqc2hyphenhyphenwIOZhRMveeZsojSh8qvL_28U6dxBgy1hrT0XWSkiX4Ky4PplJKCyuklTHz0b7Q5qi_L0724E_IPfRNs1L5FqsNBD2HkQEoxRE9eeBTOMczDUk8rBjeKf5ymz8/s1600/DSC07792.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2Za_k-EAshoBDXqc2hyphenhyphenwIOZhRMveeZsojSh8qvL_28U6dxBgy1hrT0XWSkiX4Ky4PplJKCyuklTHz0b7Q5qi_L0724E_IPfRNs1L5FqsNBD2HkQEoxRE9eeBTOMczDUk8rBjeKf5ymz8/s1600/DSC07792.JPG" height="300" width="400" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMa_xhaynVFsRYt-OGXLu4cBeyprBUXyIhefgQpTNeY52le02XirgloOfgmgF8TemOrjkhKLgbQ4fnPqlRN5jAZYvxBXpKgpqMDUeT2phETQwXWvyQJcCdIBprXySZeQFAcD10YP2K048/s1600/DSC08773.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMa_xhaynVFsRYt-OGXLu4cBeyprBUXyIhefgQpTNeY52le02XirgloOfgmgF8TemOrjkhKLgbQ4fnPqlRN5jAZYvxBXpKgpqMDUeT2phETQwXWvyQJcCdIBprXySZeQFAcD10YP2K048/s1600/DSC08773.JPG" height="300" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Il 3 maggio 2010 ho postato un testo dal titolo Famà <a href="http://icofotografico.blogspot.it/2010/05/fama.html">http://icofotografico.blogspot.it/2010/05/fama.html</a> in cui raccontavo un episodio della mia vita che mi ha regalato una grande felicità. Era l'incontro con un uomo venuto da lontano, dal Senegal, che da allora è diventato uno dei miei più grandi amici.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Oggi scrivo di nuovo di lui perché questa mattina è successa una cosa tremenda che da tempo sentivo e temevo: mi ha chiamato al cellulare, con voce triste, dicendomi che aveva deciso di tornare in Africa. Per la prima volta gli ho sentito pronunciare questo nome geografico; le altre volte aveva sempre detto Senegal. Non so perché lo abbia fatto, forse perché la sua grande terra lo sta chiamando per salvarlo dalla nostra e lui le rende un tributo ancestrale, antico come le lacrime che gli bagnavano gli occhi di mogano stamattina davanti alla farmacia di via Maiocchi. Già altre volte mi aveva detto che avrebbe voluto tornare, ma che lo avrebbe fatto solo dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno, in modo di poter rientrare in Italia liberamente. </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Allora abbiamo messo insieme dei soldi, tanti, per fargli versare i contributi per l'emersione da un lavoro nero inventato (lui che di lavoro non ne ha mai avuto nemmeno uno nero) e li ha versati puntualmente dopo che un amico lo ha iscritto in un libro paga aziendale di cui lui ignora persino l'esistenza. Ha versato contributi al sistema previdenziale italiano con soldi che altri suoi connazionali ed io, insieme al mio fratello Pino, gli abbiamo regalato. Sì, perché ho imparato che loro sono abituati così: se ti servono dei soldi io te li do. Non importa se sono povero o ricco: se ne ho pochi te ne do pochi, ma lo faccio come si fa una cosa naturale. </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Insieme abbiamo passato tantissimo tempo, forse più di quello che io abbia trascorso con qualsiasi altro mio amico maschio in tutta la vita. Ci siamo raccontati la vita e gli ho insegnato un lavoro, il mio lavoro. L'ho portato con me a montare le mie mostre in giro per l'Italia, dandogli quella dignità di uomo e di lavoratore che gli spettavano molto più delle mortificazioni del venditore di collanine. Ho rischiato per lui e con lui introducendolo in luoghi di lavoro pubblici senza alcuna copertura assicurativa e senza alcun permesso di soggiorno: clandestino lui, incosciente io. Ma siamo stati felici, abbiamo riso, ci siamo confidati pensieri, ho suonato per lui le nenie del suo paese per farlo sentire come a una festa in mezzo alla sua famiglia. Ora tutto questo deve finire perché "non va bene questo" come lui ripete sempre. Ha finito da tempo di vendere accendini che nessuno gli compra più e anche le piccole elemosine sono estinte. Non va bene questo, me ne devo tornare in Africa. </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Non ho tempo per pensare a me e a quello che sto perdendo. Ora devo fare delle altre cose per lui. Presto. Devo mettere insieme i soldi per permettergli di acquistare il biglietto aereo di linea e farlo tornare al più presto al suo paese, dignitosamente, senza poliziotti alla frontiera e senza problemi al rientro a casa, come se fosse stato un viaggiatore di un lungo viaggio in un paese che non aveva niente per lui. </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Se io potessi farlo da solo, domani mattina Sidì sarebbe già su un volo che lo riporterebbe dopo tanti anni a casa da sua moglie e da un figlio che poco ricorda. Pronto a partire con i suoi 23 + 23 kg di bagaglio da stiva e 8 kg di bagaglio a mano, perché, come tutti i migranti, sa già tutto delle compagnie aeree e dei loro regolamenti bagagli. Ma questo biglietto non posso pagarglielo io. Non da solo. Non ce la faccio più neanche io. Posso solo chiedere a tutti gli amici e le amiche che lo hanno conosciuto in ICHOME di aiutarmi ad aiutarlo. Aiutarmi a mandarlo via da qui al più presto. Ognuno metta insieme quello che sente di poter offrire e lo consegni a me che lo consegnerò a lui. E lui se ne tornerà alla sua Africa</span>, <span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">così com'è venuto quella volta da me, con un passo lento e il sorriso di un uomo buono. </span></span><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"></span></div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-72532259280874260122015-01-15T19:11:00.000+01:002015-01-15T19:11:59.215+01:00La bella e le bestie<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6tb92_jJ6_d7-bVz5bID9HkI6Acl1I9gM4-FDO8WeAgiuJ9u7RnU6ysVhMua4D7ocuQWDF6u_pPiqav_0VI6QVM711U4ohfd-Lqtxp0Jun9aJEGG9jJ_Lw8X1ENKnx4B5K6XRO6oAq3I/s1600/GE5_4645.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6tb92_jJ6_d7-bVz5bID9HkI6Acl1I9gM4-FDO8WeAgiuJ9u7RnU6ysVhMua4D7ocuQWDF6u_pPiqav_0VI6QVM711U4ohfd-Lqtxp0Jun9aJEGG9jJ_Lw8X1ENKnx4B5K6XRO6oAq3I/s1600/GE5_4645.JPG" height="426" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Prima di entrare dal vicolo in salita in Via Garibaldi di Genova chiedo alle mie allieve e ai miei allievi di fermarsi un attimo prima di svoltare: volevo introdurre loro il concetto della "sorpresa" nella fotografia d'autore, rispetto a uno scenario magnifico, sorprendente, unico che sta per aprirsi ai nostri occhi e che finora è sfiggito alla nostra conoscenza. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Si fermano poi ripartiamo ed entriamo nella strada più bella d'Italia (<i>tra quelle che io ho visto finora e secondo la mia opinione</i>). Lo stupore è quello prevedibile e la percorriamo in lungo e in largo prima annusandola, poi fotografandola dopo pranzo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">In questo ultimo momento di riprese libere sul tema della strada in questione anch'io punto il naso all'insù e capisco cosa mi aveva infastidito fino a quel momento: le luminarie natalizie, non tanto in se stesse, quanto piuttosto nella maniera in cui erano fissate ai palazzi. Corde, cordine, cordoni, lacci e laccetti disordinati e orrendi deturpavano in un momento di massima affluenza turistica le parti basse delle facciate dei magnifici palazzi. Le parti basse, cioè quelle più vicine al visitatore. Affreschi e sculture compresi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">E allora la sospresa vera e propria è stata quella di scoprire come anche un patrimonio di tale grandezza (UNESCO) sia affidato – in un tentativo di addobbo e di presuto abbellimento – all'attività cialtrona e incurante di qualcuno che ne è responsabile ma responsabile non dovrebbe esserne. Non è colpa dell'operaio che lega, tira, arrotola ma dei funzionari, architetti, sindaci e vicesindaci che tutte le mattine passano di là e non ci trovano evidentemente niente di strano. Il municipio è esattamente lì.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Restiamo sorpresi. Fotografiamo. Raccontiamo. Chiamiamo a rispondere. Insomma, facciamo politica con la macchina fotografica. Liberamente. </span></div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-33883242504993611622014-07-15T13:49:00.000+02:002014-07-16T00:24:29.080+02:00Voleteci bene!<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXvz5WN04XgB_Hy6KVXWsmr8l6UQw6zFOkSrtfZS9gxE3gTYcw4FWv9Mq8ynt4l_DIkzUyGuLhxkBcgVRNTlcTCfr_JhhGLvXuzaJsk48dnn4E5BP_xHODN702y5sJ3W217hav-MEzB9o/s1600/PAL_4183.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXvz5WN04XgB_Hy6KVXWsmr8l6UQw6zFOkSrtfZS9gxE3gTYcw4FWv9Mq8ynt4l_DIkzUyGuLhxkBcgVRNTlcTCfr_JhhGLvXuzaJsk48dnn4E5BP_xHODN702y5sJ3W217hav-MEzB9o/s1600/PAL_4183.JPG" height="426" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="font-size: small;">Su un muro dell'Ostello Bello di Milano c'è la scritta "Sparate pure al pianista ma al piano voleteci bene". Mi è venuta in mente pensando alla navigazione della nuova <span style="background-color: lime;"><span style="color: red;"><b>ZATTERA # 11</b></span></span> di ICHOME il cui imbarco è previsto per <b>giovedì 17 luglio 2014 alle 19 presso la Key Gallery di Via Borsieri</b>, in collaborazione con l'associazione Carmilla. </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="font-size: small;">Quelli che hanno seguito tra il 2009 e il 2012 le 10 zattere precedenti ai tempi di via Carpi e via Stoppani sanno cosa siano e hanno condiviso lo spirito che le ha animate. </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="font-size: small;">Scrivo quindi per gli altri, quelli che sulle zattere non ci sono ancora saliti.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="font-size: small;">Il concetto principale è la sopravvivenza, come recita anche il titolo della mostra esposta contemporaneamente nella galleria, su un legno delicato e apparentemente debole ma inaffondabile e facile da conquistare anche in mezzo al mare: un legno su cui ci si può salvare la vita.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="font-size: small;">Su quelle zattere sono saliti pensieri, dolori, gioie, aspirazioni, amici e amiche, narratori, poetesse, madri soccorritrici di piccoli sventurati, scrittrici mirabili di Sardegna, portatrici di valori usciti dalle condanne carcerarie, migranti e migrazioni, antimafia e lotte sociali, ceramiche, libri, collane e fotografie sostenibili. </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="font-size: small;">Poi...a dicembre 2012 abbiamo dovuto tirarla a secco, Paola e io, la zattera ideale, perché la crisi ci aveva stroncato. L'ultimo negozio ha chiuso il 23 dicembre di quell'anno sulle note di clarinetti, fisarmoniche, cantici di ringraziamento e tante lacrime. </span></span><br />
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="font-size: small;">Per quasi 20 mesi le zattere sono state abbandonate sulla spiaggia sommerse dalle alghe delle difficoltà contingenti, dalle sofferenze personali e anche dall'indifferenza, tutti elementi negativi che hanno allontanato energie e cuori dalle cime e dalla rotta.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="font-size: small;">Ora l'ho ributtata in mare con ambizioni piccole piccole ma vive, ho creato il progetto <span style="background-color: yellow;"><span style="color: red;"><b>sei x sei</b></span></span>, fatto di fotografie mie di ricerca che – ancor più delle altre presentate in ICHOME – stravolgono il mercato ufficiale e stitico della fotografia d'autore in questa nazione. Si tratta di piccolissime stampe che riducono ulteriormente il costo di produzione e il loro valore commerciale pur presentandosi in splendidi passepartout da collezione (regalatimi dall'amico Ermes Miceli). Dentro trovano posto stampe di 6 x 6 cm in bianco e nero e a colori che continuano a narrare la storia di un artista indipendente che ha deciso ancora una volta di non mollare, di cercare a continuare, camminando sempre più piano e respirando a bassa voce. Ma... come dice il mio fratello adottivo Pino Piatti "la sostenibilità va sostenuta", l'arte sociale, quella sostenibile e l'arte indipendente in generale, vanno sostenute perché la morte lavorativa di un artista indipendente è una perdita per tutti. Ecco allora che ritorna la frase dell'inizio per fugare i sospetti di personalismi: seguite il mio lavoro (e ora che è molto economico acquistatelo pure, se volete) per aiutarmi a continuare, ma prima di tutto sostenete l'arte indipendente dovunque essa di annidi, si nasconda, stia soffrendo. Gli artisti sociali, indipendenti, hanno bisogno che gli si rivolga sempre la stessa domanda, qualunque sia la loro arte: cosa possiamo fare per te? E la risposta più bella è sostenerci, aiutarci, far circolare le nostre opere, discuterle, magari criticarle, salire sulla zattera # 11 e, soprattutto, all'arte... <b><i>voleteci bene!</i></b> </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-79825756483693870942014-02-07T15:07:00.000+01:002014-07-15T13:51:34.951+02:00finalmente una citazione anch'io<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjd1Y9ez3KHmEjTepfrQ4QQVGtgSG3prSdnsLQ3WASe8IvdcagRLGB_cHXRnGygCYYIKhMPjvxMoOgXdtvTBD7GzSBZDMbB8SgptJYMRfUQ-0Gve5zequDbakG49MO8IpbONO3LmsSbY-A/s1600/SIF_0065.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjd1Y9ez3KHmEjTepfrQ4QQVGtgSG3prSdnsLQ3WASe8IvdcagRLGB_cHXRnGygCYYIKhMPjvxMoOgXdtvTBD7GzSBZDMbB8SgptJYMRfUQ-0Gve5zequDbakG49MO8IpbONO3LmsSbY-A/s1600/SIF_0065.JPG" height="266" width="400" /></a></div>
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">C'è una cosa che ho sempre odiato nella vita (ammesso che si possa odiare una cosa) e sono le citazioni degli autori letterari e le persone che le utilizzano, anche se ben scelte e appropriate al discorso. Tuttavia, oggi ho letto le parole di una grande quanto misconosciuta (cioè ignorata dai grandi editori italiani perché poco avvezza alle smancerie, ai compromessi e alle ruffianerie) autrice della letteratura italiana, Savina Dolores Massa, in un'intervista a uno dei pochi giornalisti che si avventurano fin laggiù, nella Patagonia meridionalis oristaniensibus sardiniae. <br />Allora anch'io, correndo il rischio di odiarmi quando leggerò, faccio una citazione! Lei dice, riferendosi alla sua scrittura e ai suoi personaggi, qualcosa che io penso sempre e che non avrei saputo dire con altrettanta bravura. Non essendone capace, prendo le sue parole e ve le giro, chiedendovi di sostituire ai suoi personaggi le scene delle mie opere fotografiche di cui, onore grande, due sono finite a fare da copertina dei suoi due libri che l'intervistatore riconosce come più trasparentemente sociali. Sarà un caso? Non credo. La seconda parte riguarda la poesia che pervade le sue storie e le mie fotografie.<br />"Considero l’esistenza la migliore fonte teatrale da cui attingere. Anche volendo impedire ai miei personaggi di agire come preferiscono, loro nascono attori. Io conto poco, sono ingovernabili, dormono quando vogliono, dialogano tra loro ignorandomi. Spesso sono consapevole di non essere regista di un bel niente. Raccontare è sempre teatro, e alla fine c’è un sipario che si chiude. A volte applausi, a volte no: questo mi piace molto. <br />(...) Lei (la poesia) arriva come nebbia sopra ogni mia parola: è inevitabile. Pur cruda sa possedere una sua dolcezza. Non saprei mai scrivere senza la sua compagnia. Certe volte ci provo, snaturandomi, ma torno all’istante dalla mia anima."<br />Grazie Savina, amore mio.</span>ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-12359040462393812052014-02-03T00:54:00.000+01:002014-02-07T15:33:09.190+01:00Mi guardo la faccia e mi tengo compagnia. Con tenerezza.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEim7nM5KPoGAiAiV2QNq6oCBvXOBAgcIHGa1031fMjbxrirpiU-aS4RKZLFEkJa7RMI5GfOls8TzBCUfu5OQCwjXZxKxWwcXumGBf2Q5g_sD1ATN72-dbA4eBBVjosiGgWjY0ccVsd_79U/s1600/GEN_1967.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEim7nM5KPoGAiAiV2QNq6oCBvXOBAgcIHGa1031fMjbxrirpiU-aS4RKZLFEkJa7RMI5GfOls8TzBCUfu5OQCwjXZxKxWwcXumGBf2Q5g_sD1ATN72-dbA4eBBVjosiGgWjY0ccVsd_79U/s1600/GEN_1967.JPG" height="426" width="640" /><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"></span></a></div>
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Guardo qualcosa che non c'è. Appoggiato alla ringhiera del porto di Genova durante gli ultimi minuti di una bella giornata di workshop trascorsa con le mie allieve e allievi del corso base di quest'inverno. Arriviamo a Genova in una giornata abbastanza calda e ci muoviamo piano nel centro storico. Alla fine mi appoggio ai ferri sul mare e nel mettermi in posa per un ritratto mi perdo a guardare nel vuoto. </span><br />
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Ora che mi vedo in questo ritratto mi faccio tenerezza: non sono più giovane e i segni degli anni si misurano nella pelle più rovinata, nelle rughe sotto gli occhi, nei capelli bianchi che spuntano dal basco nuovo, nel silenzio dello sguardo. Il pullover ha almeno 15 anni e, lui sì!, si mantiene giovane. </span><br />
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Ma cosa sto guardando? a cosa penso? Sicuramente penso ai giorni che stanno per venire, al giorno dopo, 27 gennaio in cui farò il trasloco dalla mia casa di convivente alla stanza da singolo che mi aspetta. Tanti interrogativi e soprattutto tanti vuoti davanti a me, senza alcuna certezza né sul prima da interpretare, né sul dopo da inventare, necessariamente diverso dal prima.</span><br />
<span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Ho gli occhi miti e l'espressione di uno che sa che ha perso troppe battaglie nella vita per aver ancora voglia di combattere. Mi sembro stanco dalla faccia e dall'espressione, ma ho una punta di sorriso, un sorriso che direi benevolo verso quello che ancora mi resta da vivere. Poco o molto che sia mi sembra che non vado di fretta.</span>ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-41327264649263694822013-03-29T15:33:00.000+01:002013-03-29T15:33:40.158+01:00Nel suono del padre e del figlio<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0d8KXdiQxrzvBAvIFHUNSDgb7qZTJe7q3NPOP-RM2aL_StI8yxsGYKKOdy47SUNEa6MFmB5OrejTYdQ-Qtcr5ZrSfYLuiswSrVNDqpxnZ_bQdYhRNn-VJOrdTjeK2j_nk3v21NOudej8/s1600/CAV_0490.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; display: inline !important; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0d8KXdiQxrzvBAvIFHUNSDgb7qZTJe7q3NPOP-RM2aL_StI8yxsGYKKOdy47SUNEa6MFmB5OrejTYdQ-Qtcr5ZrSfYLuiswSrVNDqpxnZ_bQdYhRNn-VJOrdTjeK2j_nk3v21NOudej8/s400/CAV_0490.JPG" width="400" /></a><br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">Ho fatto bene a dedicare tanto tempo alla fotografia nella mia vita perché, pur nella sua qualità di arte muta, mi ha aiutato a raccontare le emozioni in un modo a me altrimenti impossibile. Nel mio rifugio oltre le parole e oltre le consuetudini umane dei discorsi mi scalda il cuore sapere che in una semplice immagine fotografica la potenza di un fremito, di un brivido, possa essere raccontata, passata, da me a chi ha voglia di sentirla e viverla, senza aggiungere altro, senza altre convenzionali traduzioni. Così il 26 marzo ho vissuto uno di questi momenti della mia vita in cui la fotografia mi ha dato una mano a raccontare: ero seduto per terra sulla balaustra dell'aula magna rosso-e-legno dell'Università Bicocca di Milano e davanti agli occhi scorrevano scene inconsuete e perciò magnifiche. Rettori che parlavano della cultura come nostra salvezza, professori che rivisitavano in toga e cappellino da cerimonia la potenza del jazz come arte e arma rivoluzionaria perché uscita da un altrove che non era la borghesia e aiutava i non-borghesi a riconoscersi, a camminare insieme e anche a lottare per un mondo migliore. Tutto questo convegno di persone e personalità era un tributo a un artista, un musicista, uno dei miei più amati per giunta, a un uomo che si era fatto trombettista quasi da solo a discapito della geografia biologica che gli era toccata. Ed è diventato uno dei più grandi, tanto grande che gli hanno dato una laurea <i>onoris causa</i> non più per la tromba ma per il suo impegno sociale, per l'amore per la sua terra, la Sardegna, ma anche per i suoi paesani, le sue cugine e i suoi amici del bar, quindi per tutti noi. L'umanità che non viene scalfita dal successo è ciò che gli è valso un riconoscimento così elevato. Per essere rimasto uno di noi pur essendo un grandissimo musicista, per non aver dimenticato che il mondo si continua da padre a figlio (il suo piccolo presente in sala) e per non aver dimenticato di discendere da un padre che era stato tutt'uno con la sua terra madre. E quell'omino tarchiato e ormai anziano era lì in prima fila, contorniato da persone che stavano dando anche a lui un tributo che mai avrebbe immaginato di meritare 50 anni prima. <i><b>Nel suono del padre e del figlio</b></i> ho sentito la terra madre che si agitava dentro di me, che mi strappava le viscere senza riguardo. Il suono del figlio insieme ai suoni antichi del padre fluivano da cuore a cuore senza perdere la strada. E la fotografia mi ha dato il modo di scrivere questa scena in cui i due uomini sono lì, uno di fronte all'altro, entrambi tamburellando con le dita delle mani sui tasti della tromba o su una testa ormai calva con la pelle disegnata dal maestrale. La compressione dell'immagine dovuta a un mio amato obiettivo che non usavo più da anni, il 200 mm, e la posizione fortunata nella quale mi sono trovato (o forse mi sono andato a mettere) me li ha ravvicinati oltre la fisica percezione degli altri presenti. E la meraviglia è questa: vedere questo figlio famoso che si china con il suo gesto mistico sullo strumento portavoce dell'anima sua e il padre che si gratta la testa con un gesto primordiale, guardandolo da un sipario fuori dal tempo. </span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><br /></span>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">Milano, 29/3/13</span></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxxqeenjDCSo_tHhc3DVVNEzQ-Ubz6OMhN0eB1D7ltq-5cWBcVuq9RLYOgLJaBy1AdS7vDD6Y5zKYeE86jPyRkl-P8W2omZAviAh2H0YSQOo9JOLquHiFHJpDzfrlRMGdn5ldpfQP7G9g/s1600/CAV_0454.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxxqeenjDCSo_tHhc3DVVNEzQ-Ubz6OMhN0eB1D7ltq-5cWBcVuq9RLYOgLJaBy1AdS7vDD6Y5zKYeE86jPyRkl-P8W2omZAviAh2H0YSQOo9JOLquHiFHJpDzfrlRMGdn5ldpfQP7G9g/s400/CAV_0454.JPG" width="400" /></a></div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-62606773403602851522013-03-26T18:24:00.000+01:002013-03-26T18:24:17.334+01:00Degli stereotipi, della mafia e dell'artista caduto nel clarinetto<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-bKGQqChQC6n1z4UKpJLrLvW_UdVcLyioOEr2XqvtqPrjqk14Q-Z11V7jKsoL8tyd4zQ3etjzud6IMh41EA2RRHIqGehU5tJuui53W1b0C9eYU1wu3pg9CxTMAeHv5wCZf3BfvvZEQzg/s1600/487938_10200910092137898_791494554_n.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-bKGQqChQC6n1z4UKpJLrLvW_UdVcLyioOEr2XqvtqPrjqk14Q-Z11V7jKsoL8tyd4zQ3etjzud6IMh41EA2RRHIqGehU5tJuui53W1b0C9eYU1wu3pg9CxTMAeHv5wCZf3BfvvZEQzg/s640/487938_10200910092137898_791494554_n.jpg" width="474" /></a></div>
Sono anni che studio la velenosità degli stereotipi nel campo della cultura della violenza sulla donna e della sua continua marginalizzazione nella falsa emancipazione di massa. Tuttavia, sempre più spesso in questi mesi sto riflettendo sulle categorie mentali dello stereotipo e del preconcetto estesi a ogni campo della nostra vita nella società dell'informazione fasulla, nella società dove – forse non a caso – a milioni votano per i delinquenti. <div>
<i>Tutto è contestuale</i>, dicevano i miei maestri. E il contesto nel suo insieme oggi è scaduto, decaduto, caduto. Noi cittadini, tutte e tutti, siamo diventati la sintesi di un pensiero già misero, la prevedibilità comoda della ripetizione di un'eco, la stanca assunzione di un copione dei potenti banalizzato a copioncino per i peones. E noi camminiamo a piedi! Scalzi.<div>
Non c'è più ufficio, scuola, consiglio, condominio in cui il <i>mondo di dentro</i>, qualunque esso sia, non tratti con sufficienza, arroganza, prepotenza e superficialità il <i>mondo di fuori</i>. Sempre più spesso mi capita di sentirmi dire da un Assessore Boeri di non ritenere di interesse per la cittadinanza milanese un progetto sulla mafia a Palermo senza nemmeno chiedermi di vedere, oppure di ascoltare da vicepreside di una scuola milanese che dichiara non realizzabile un mio intervento artistico sulla lotta alla mafia raccontata ai ragazzini senza nemmeno sapere di cosa io stia parlando, senza chiedermi niente, senza voler sapere: <i>io sto dentro</i> e faccio già fatica, <i>tu resta fuori</i> e non chiedermi niente. </div>
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La miseria interna ci assale come edera alle caviglie, ci rende poveri e diffidenti, miseri e senza dignità. Altro che <i>fratelli e sorelle buonasera</i>. Noi diciamo tutti i giorni<i> fratelli e sorelle affanculo!</i> Di voi non ci interessa nulla.</div>
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E così io mi sfibro a collezionare foglietti con infinite serie di numeri di telefono di comuni e regioni d'Italia in cui persone da noi pagate per darci delle risposte non ci sono mai, sono sempre altrove, si stanno sempre occupando d'altro.</div>
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<i>Sono inginocchio e con la faccia per terra</i>, scrissi un giorno alla mia dolce amica Savina Dolores Massa, con ogni probabilità una delle migliori menti narrative dell'Italia contemporanea, per rappresentarle con una scena tangibile il mio stato d'animo d'artista indipendente prostrato. </div>
<div>
E me ne vado questuando – quando a fatica mi rialzo – di comune in comune, di segreteria in segreteria, di silenzio in silenzio. E come posso resistere? come posso rialzarmi? Come possiamo rialzarci? Ora, mia adorata Savina, <i>sono seduto con il culo per terra</i> e guardo il mondo da quaggiù: mi manca l'aria e poco sollievo mi viene solo dalle note del mio clarinetto. A volte sogno di esserci risucchiato dentro e di diventare tutt'uno con i tasti e i fori delle note, nascosto dalle chiavi e solleticato dal fiato che corre nel corpo sonoro dello strumento. Come ci rialzeremo Savina amata? Sento l'immobilità che ci prende tutti e due e prende tutti gli altri come noi che non ce la fanno più. Mille volte abbiamo ricominciato a questuare e mille volte abbiamo sentito il fiato della porta che ci sbatteva sulla faccia o il silenzio di quelle che restavano mute e immobili senza aprirsi. Vorrei che tutti sentissero questo dolore nostro e lo socializzassero, cioè lo facessero loro e lo riducessero a pezzettini dandoci la mano. Ma le sorelle e i fratelli sono distratti, sono affranti, a loro volta sono in ginocchio e non sembrano ascoltarci. Io provo a lanciare ancora questa bottiglietta con un tappo malfermo nelle acque di questo cazzo di oceano della nostra vita. </div>
<div>
Ma forse non desidero più che qualcuno la trovi. </div>
</div>
ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-56541165564858219202013-03-21T19:51:00.000+01:002013-09-19T11:39:34.138+02:00Dal silenzio mio al silenzio tuo. Per sempre. (per non morire di genere)<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">Dal silenzio mio al silenzio tuo. </span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">Per sempre.</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><br /></span>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">E io sto zitta </span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">quando sento le tue urla </span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">attraverso le pareti di cartone </span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">che ci dividono però</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">come muri di pietra</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">e il tuo pianto</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">e il tumore della tua faccia</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">che urta contro uno schiaffo</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">nei giorni fortunati</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">e contro un cazzotto</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">in quelli più bui</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><br /></span>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">e io sto zitto</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">quando arriva la voce di lui</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">che ti insulta</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">"puttana"</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">e ti soffoca l'aiuto nei denti</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><br /></span>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">E noi staremo zitti</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">domani mattina</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">quando ti scontreremo viola sulle scale</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">con gli occhiali da sole</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">per mettere a scuola </span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">i bambini</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">in un giorno di pioggia</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><br /></span>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">E finalmente </span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">poter tornare a casa da sola</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">e concederti il tuo solo lusso:</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">piangere</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">senza che nessuno ti colpisca</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">e nessuno ti veda</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">e nessuno ti senta</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><br /></span>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">Così, da sola</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">in questo silenzio nostro</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">che ti distenderà nel marmo </span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">nel giorno stesso in cui griderai</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">non più dolore</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">ma BASTA</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><br /></span>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">Allora verremo tutti</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">a salutarti</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">gelida</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">se potremo vederti</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">e ti deporremo vicina alle sorelle</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">che avevamo già salutato prima.</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><br /></span>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">Una fila scomposta </span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">e senza fine</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">che ora diventa invisibile</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">oltre che muta</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><br /></span>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">E quanto ancora resteremo</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">in questo silenzio</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">ad aspettare il marmo</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">che ci chiuderà sicuri</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">che noi no,</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">noi non potevamo far niente</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">per salvarle</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><br /></span>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">Se solo queste pareti di cartone</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">potessero prendere vita per un attimo</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">esse ci sputerebbero in faccia.</span><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><br /></span>ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-25021767230853436922013-03-21T19:41:00.002+01:002013-03-21T21:21:55.381+01:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJ7xF0GSpTH2gNl3DKVR9XOXOZCH4ISfxYyISiJtqd7BFwl588p_0KVnb-wWobJMzt4hIasu5ju3HTE3N5JnN4ucFcWCLKqfc4zJYNir-OwrHUlD3DO70-y0MuvGM7rHV0V7pNJKg1dOA/s1600/logo.gif" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="218" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJ7xF0GSpTH2gNl3DKVR9XOXOZCH4ISfxYyISiJtqd7BFwl588p_0KVnb-wWobJMzt4hIasu5ju3HTE3N5JnN4ucFcWCLKqfc4zJYNir-OwrHUlD3DO70-y0MuvGM7rHV0V7pNJKg1dOA/s400/logo.gif" width="400" /></a></div>
<span class="Apple-style-span" style="color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 13px; line-height: 18px;">Cominciamo a familiarizzare con questo nuovo logo ICHOME PAC (Produzioni Artistiche Condivise). Nel primo giorno di primavera e a tre mesi dalla chiusura della vetrina di via Stoppani nasce ufficialmente la nuova stagione di ICHOME che diventa un marchio di produzione popolare, dal basso, condiviso, cioè mio e vostro, di tutti noi che crediamo nell'arte per cambiare il mondo. Ci sarà la mia arte ma anche la vostra o la vostra partecipazione. Il manifesto è pronto e presto lo posterò. Per il momento vi abbraccio forte e vi soffio leggero sugli occhi, come la primavera. ICO</span>ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-69200106742114293462012-02-13T15:45:00.002+01:002012-02-13T15:45:58.172+01:00<br />
<div style="font-family: Helvetica; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<span style="font-family: Arial; font-size: medium; font: normal normal normal 13px/normal Arial;"><span class="Apple-style-span" style="color: #6c6c6c; font-family: Georgia; font-size: 30px;">Un post per soli uomini</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<span style="font-family: Arial; font-size: medium; font: normal normal normal 13px/normal Arial;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: Arial; font-size: small;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: 13px;"><div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<span style="font-family: Arial; font-size: medium; font: normal normal normal 13px/normal Arial;">C</span><span style="font: normal normal normal 13px/normal Arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">ara Lorella, </span></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibFMr6nojPMv1nFnzwThz40S1n7whiiTXZC41l2PeJ2r4PVwGojIYYBab3uIj0aVKPhRxhk2XdybHgiMBx8HUkbWnkWVoE6qw9PZlWpfdQkW1lPqR21tCo11h22UiG1MpRVrNSh4DFtRM/s1600/003+TRIENNALE+BOVISA+(3)+2006_A3495.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="316" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibFMr6nojPMv1nFnzwThz40S1n7whiiTXZC41l2PeJ2r4PVwGojIYYBab3uIj0aVKPhRxhk2XdybHgiMBx8HUkbWnkWVoE6qw9PZlWpfdQkW1lPqR21tCo11h22UiG1MpRVrNSh4DFtRM/s400/003+TRIENNALE+BOVISA+(3)+2006_A3495.JPG" width="400" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<span style="font: normal normal normal 13px/normal Arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">lo uso questo spazio e ti ringrazio di averlo creato. Non è il primo in cui parlano gli uomini, molto si scrive e si pubblica già e di altissimo livello su questi temi; da parte di uomini, rivolti a uomini. Lo "spettacolare" silenzio della nazione maschia nel suo insieme non corrisponde sempre al silenzio di tutti i maschi della nazione. Ce ne sono che parlano e io, lo sai bene, sono tra questi e lo faccio da un tempo tanto lungo da non sembrare vero. Tuttavia, noi pochi che parliamo (e lo facciamo non per piacere alle donne e per arruffianarci un consenso femminile) siamo e restiamo del tutto trasparenti. Lo siamo per le persone comuni e per chi detiene il potere dei mezzi della comunicazione e della politica. Gli esempi non mancano e io, forse, sono quello più inquietante: il mio lavoro, benché costituisca la più ricerca fotografica e artistica del mondo su una città e la sua pubblicità violenta, resta ancora ignorato persino a quelle persone che si occupano di questi temi. Vedo che fingono di non conoscermi parlando di pubblicità sessista come se io non fossi esistito (mentre esistevo in anni non sospetti, quando molte di loro dormivano sonni profondi). C'eri anche tu quando Gad lerner ed io siamo stati premiati come miglior giornalista e miglior artista italiani per le tematiche di genere. Ebbene, dopo quel pomeriggio alla statale il silenzio, mai una mail, mai un invito, mai una piccola condivisione di spazio televisivo. E c'eri tu alla libreria delle donne di milano quando hai presentato l'anteprima del documentario e c'ero anche io, sono passati anni: trasparenza assoluta. Anche il mio adorato Nichi ha ospitato la mia mostra a Bari poi è scomparso, così come La Benelli che ha finanziato (poco) la mostra nelll'hinterland milanese e mai ha voluto conoscere questo artista che si occupava di violenza sulle donne. E mai un articolo sui rotocalchi che dedicano giustamente a te tante pagine ecc. ecc. E, per finire 18 editori che hanno rifiutato, perso il manoscritto o chiesto dei soldi per pubblicare il mio libro che ora è uscito a spese mie e quelle che lo sanno che è uscito fanno finta di non saperlo e non lo comprano. uuuuffffffff. Questa potrebbe sembrare una dolenza mia personale e uno sfogo rabbioso: niente di tutto questo. Io sono una persona serena e ho migliaia di persone che mi sostengono. Unico problema: sono trasparenti pure loro. Professoresse di provincia, studenti liceali con i quali io parlo quasi sempre gratuitamente da anni e anni, persone comuni senza visibilità né potere di rendere visibile il mio lavoro e la mia voce. Questo per dire che quei pochi uomini che parlano (e penso al dibattito altissimo che si sviluppa in maschile plurale, ad esempio e ai libri che escono di lì) restano ignorati o fanno troppa fatica per farsi sentire. Non chiedeteci dunque di parlare come se fossimo stati sempre tutti zitti. Ascoltateci, leggeteci, invitateci, parlate di noi alla televisione, scrivete di noi sui giornali, comprate i nostri libri, frequentate i nostri blog. Noi da soli non ce la possiamo fare! </span></span></span></div>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<span style="font: normal normal normal 13px/normal Arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">Con affetto Ico Gasparri</span></span></span></div>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<span style="font: normal normal normal 13px/normal Arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;"><br /></span></span></span></div>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<span style="font: normal normal normal 13px/normal Arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">Commento del 13/2/12 al post di Lorella Zanardo sul blog del fatto quotidiano</span></span></span></div>
</span></span></div>ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-81051144790700635392011-10-23T23:35:00.002+02:002011-10-23T23:54:41.433+02:00e le storie si raccontano<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5VtVnFdYq94gj_a8X8RZlpUsjDM1AVGryXIknHCL-E9pRo1fzJM0iyCShvMGZblzr2VPPlzyJ4l1qlUaQGOKVT02ZiZ1OUv4zC4aAUUsDtQ_yzC7iM4n6m3_YJUBSOo7yBRXb3z6R9hA/s1600/copertina+per+sito+senza+in.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: left;"><span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"></span></a></div>
<div style="text-align: left;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjcw9KYtbwbECi-9NXooN4uuQMzR-Macd3HA4V3FJmfEjJNcefkFHIxoVfTe2AKurIlEsYVEEqlWCtsLEaAPEEp_uRcKhpQFO8YS7FI8-1MohlVKRGA8eHqwbDeykBE4QVZy20rAyICQJc/s1600/copertina+con+filetto.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjcw9KYtbwbECi-9NXooN4uuQMzR-Macd3HA4V3FJmfEjJNcefkFHIxoVfTe2AKurIlEsYVEEqlWCtsLEaAPEEp_uRcKhpQFO8YS7FI8-1MohlVKRGA8eHqwbDeykBE4QVZy20rAyICQJc/s640/copertina+con+filetto.jpg" width="379" /></a></div>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"> È arrivato il momento di dare alle stampe questo libro che mi ha tenuto compagnia per tanti anni, in attesa di avere le sue piccole parole allineate nell'inchiostro. Domani mattina le avrà e finalmente mi potrò riposare. Sono arrivato alla fine di un lungo sforzo e non so se ci sono arrivato nelle migliori condizioni e con il migliore prodotto. Importante è esserci arrivato e affidare ora agli altri che lo leggeranno questo mio lungo, travagliato, silenzioso, a volte doloroso, diario. Più di vent'anni impegnati per raccogliere un'idea di riflessione e di lotta civile, passando attraverso vere e proprie epoche di questo sventurato paese al quale ormai poche cose ci tengono legati se non la retorica dell'esserci nati. Ho combattuto spesso da solo e ora sono felice di vedere che la stessa lotta è diventata patrimonio diffuso. Certo, non mi faccio alcuna illusione, questo patrimonio è ancora larghissimamente minoritario tra le donne e quasi del tutto assente tra i maschi italiani. Ma prima era ancora peggio, molto peggio. E so di aver contribuito a questo lento ma inesorabile risveglio delle coscienze. Non è stata una cosa da poco sentirsi utili. Non è stata una cosa insignificante ricevere tanti ringraziamenti, complimenti sinceri e semplici per aver condotto una così speciale campagna per i diritti civili. Le pagine saranno per molti versi un diario intimo, un racconto accorato e sincero del mio impegno e di quella che anche a me, vista dal dopo, sembra un'inusuale prova di determinazione e di resistenza. Ma ero fermamente convinto che quella cosa lì, cioè la raccolta meticolosa e continua delle immagini per strada, andasse fatta e andasse fatta bene e senza risparmiarsi. E io l'ho fatta così, al servizio delle sole mie convinzioni e della proiezione che nel lontano 1990 avevo fatto circa la deriva ormai sotto gli occhi dell'intero pianeta del nostro ridicolo paese. Gli stranieri ridono di noi, si chiedono cosa facciamo, perché siamo così. E noi fingiamo di non sentirli e continuiamo a credere di essere nel giusto. E io fotografavo, fotografavo, senza un sostegno né un piano ben preciso, senza una data d'arrivo prevista, senza risorse finanziarie, senza sponsor, senza aiuti. Sono semplicemente andato avanti lungo una strada che andava tracciata. Ora la strada c'è e tocca a tutti noi di percorrerla con uno spirito più intransigente e coraggioso. Basta con la leggerezza che ci ha ammorbato per tutti questi anni. Basta con l'accoglienza indiscriminata di idee e persone che non meritano di essere da noi considerate. Facciamo una bella pulizia dentro e fuori da noi e cerchiamo di immaginare un qualche futuro meno sciatto e mediocre. </span></div>
<div style="text-align: left;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">A voi non resta che sostenere questo mio lavoro perché l'ho fatto anche a nome vostro, rinunciando a molto per me. L'ho pubblicato senza un editore, perché tutti quelli a cui l'avevo sottoposto lo hanno rifiutato, ignorato, cestinato, perso. Allora me lo sono dovuto anche progettare, impaginare, correggere, stampare, pagare e vendere. Io ce l'ho messa tutta, adesso mi riposo un po' e aspetto gli ordini da parte vostra all'indirizzo <a href="mailto:ico.gasparri@ichome.it">ico.gasparri@ichome.it</a> oppure <a href="mailto:info@ichome.it">info@ichome.it</a> </span></div>
<div style="text-align: left;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"></span><span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;">Il libro si "guarda" nella sua parte fotografica sul sito <a href="http://www.ilmaestrodellupocattivo.it/">www.ilmaestrodellupocattivo.it</a></span></div>
<div style="text-align: left;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', sans-serif;"> </span></div>ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-561531809500484600.post-81577858491149445592011-07-04T16:25:00.001+02:002011-07-04T16:31:48.149+02:00Ora non è ancora il momento: il viagra e la vagina di cemento.<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgs10616eGGkRSIp90EWkx1mOXzBVy0fx_wAqWGSqnQk-_znDP3_G0x92BrvzuDu5yygFRspmPnBDqzib1PDU4f3Uwbo5rCi_fHmJ28uJXtM9HhppLzRcrOMflg6hcwVTgEQruwvIS1A24/s1600/1995_309_04.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="316" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgs10616eGGkRSIp90EWkx1mOXzBVy0fx_wAqWGSqnQk-_znDP3_G0x92BrvzuDu5yygFRspmPnBDqzib1PDU4f3Uwbo5rCi_fHmJ28uJXtM9HhppLzRcrOMflg6hcwVTgEQruwvIS1A24/s400/1995_309_04.jpg" width="400" /></a>Unisco nel titolo di questo post tre elementi che, tra gli altri, mi hanno sorpreso e preoccupato al convegno "Donne e non solo, contro gli stereotipi" cui ho assistito oggi 4 luglio 2011 a Milano, indetto da Pari o Dispare. Si presentava il "Manifesto" che varie aziende hanno già sottoscritto, impegnandosi a non produrre più campagne sessiste per reclamizzare i propri prodotti.<br />
Cito a memoria.<br />
1) Anna Maria Testa ci ha spiegato alcune cose già assai note sulla pubblicità sessista e poi ne ha mostrate tre che, secondo lei, erano esempi di buona pubblicità rispettosa. Qui il terreno si fa scivoloso. Già in Francia l'associazione Chiennes de garde aveva deciso, negli anni scorsi, di cancellare il premio per le migliori pubblicità rispettose verso la donna perché, interpretandole da altri punti di vista, decine e decine di persone si sentivano offese anche da quelle vincitrici. Il caso si ripete stamattina davanti almeno a due (per brevità) su tre esempi citati dalla Testa. Il primo è una campagna per il VIAGRA in cui si vede un omino disegnato come sulle etichette delle toilettes che ha tra le gambe un interruttore della corrente sollevato, quindi un pene in erezione. Forza appunto del viagra. L'uditorio ha riso. Nessuna ha pensato davvero su cosa stesse ridendo. Si tratta del farmaco che consente agli uomini, non solo ai vecchietti che non ce la fanno, ma ormai in maggioranza a ragazzi giovani e giovani uomini che non soffrono dell'ansia da prestazione – questo sarebbe già il sintomo di una precaria educazione alla relazione tra generi e all'affettività – ma che vogliono sentirsi gagliardi e tosti molto a lungo come nei film porno, in occasione dei loro incontri sessuali. Ma gagliardi e tosti con chi? Non certo con altri uomini, almeno non nella maggioranza. La pubblicità, a parere mio, è un pessimo esempio di machismo, di volgarità, camuffato con una trovata grafica senz'altro geniale. Quindi attenzione: quella erezione non ci avrebbe dovuto far ridere, ma urlare contro il rinnovarsi ammorbante della cultura del pene che tanta parte ha nello sviluppo della cultura della violenza sulla donna, che pure questa mattina è stata più volte richiamata.<br />
2) Il secondo caso, sempre presentato dalla Testa, è quello della pubblicità Tampax. La scena rappresenta una fotografia aerea in cui campeggia al centro una grandissima diga in cemento armato e, a monte, un magnifico lago blu. Anche qui sorrisi e consensi. Io, invece, rivendico il diritto di dissociarmi, di avere una visione meno allegra del problema e di mettere in risalto alcuni elementi che ritengo inquietanti. Se quella è una pubblicità della Tampax, azienda che produce assorbenti, come tutti sappiamo dalla più tenera età, quel lago immenso è sangue mestruale e la diga una vagina. Le montagne intorno, a pensarci bene, sono due gambe orribilmente allargate. Io inseguo da 35 anni la rappresentazione simbolica nella fotografia d'arte astratta e non faccio fatica a riconoscere questi segni, ma credo che questo scenario simbolico fosse davvero alla portata di tutte. La risata inopportuna sul sangue blu andrebbe allora spiegata alle ragazzine che hanno vergogna e paura del primo mestruo, alle donne che si sentono a disagio, sporche e inadeguate durante il ciclo. E noi che facciamo? Lo trasformiamo addirittura in un lago, in una massa gigantesca di fluidi che dovranno passare per quella diga/vagina in cemento armato. Anche in questo caso l'esempio mi appare quanto meno inadeguato e chiederei maggiore lentezza e riflessione nel presentare soprattutto i casi che riteniamo positivi, perché rischiamo di approvare interi filoni di rappresentazione.<br />
3) L'associazione Pari o Dispare ha ricevuto l'adesione di 40 aziende che hanno sottoscritto l'appello. Una di queste, Ampliphon, ha presentato in sala uno spot che ha registrato l'approvazione implicita del consesso presente. Cito a memoria, proprio per capire cosa mi sia rimasto in mente delle scene viste. L'azione di svolge in discoteca, non una di quella per giovani scatenati ma una sala per adulti, seduti al tavolo ad ascoltare un gruppo musicale. Appunto, la prima inquadratura è significativamente dedicata alla cantante del gruppo che sfoggia un tubino nero molto aderente e si dimena sul palco, tra musicisti uomini. Si passa poi al primo piano in cui vediamo un uomo con una camicia piuttosto sciatta e spettinato che parla ad una donna ben vestita, presentata con la testa tutta chiusa in una gigantesca bolla di sapone. Lei non sente bene, in quanto appunto ipoudente, e lui, l'uomo, le racconta come può risolvere un problema da lui già risolto. Si vede allora l'uomo, questa volta elegantemente vestito (il rispetto per il cliente!), che entra in un negozio Ampliphon, accolto da una venditrice donna che gli calza con mani dolci l'apparecchio sulle orecchie. Poi c'è la scena di lei che fa la stessa cosa ed esce contenta dal negozio. Ebbene, vediamo cosa non mi è piaciuto. La donna che canta sinuosa sul palco: inutile l'inquadratura e si poteva sostituire con un cantante uomo o con un gruppo interamente femminile, vestito più rock e meno seducente. L'uomo sa qualcosa che la donna non sa. Pessimo esempio di machismo. La donna è sempre indietro, non sa niente, ha una bolla di sapone in testa, e ha bisogno dell'uomo che le dia i consigli per risolvere un problema così importante. Si potevano usare: 1) un uomo che consigliava un altro uomo (anche se stiamo parlando della versione femminile dello spot, quella maschile non ce l'hanno mostrata) 2) una donna che consigliava la donna 3) una donna che consigliava un uomo. La scelta, la più maschilista, era proprio la quarta: l'uomo che consiglia una donna. Quando poi c'è da "prendersi cura", ecco apparire la donna commessa che sistema con mani dolci e suadenti l'apparecchio sull'orecchio dell'uomo/cliente. La scena analoga, cioè quella delle mani della donna commessa che sistemano l'apparecchio sull'orecchio della donna non si vede. Questi piccoli segni sono certamente scappati di mano ai creativi, ma occorrerà che per il futuro tutte queste sbavature siano limate per rimanere nel club delle aziende rispettose senza destare fastidi nel pubblico/cliente.<br />
4) Concludo con una cosa più grave, chiedendo scusa in anticipo all'interessata se per caso io non abbia capito bene quanto ha detto. Sto parlando della direttrice generale dell'UPA (che però preferisce farsi chiamare Direttore Generale) che ci ha raccontato un episodio dai contorni assai preoccupanti: l'UPA organizza ogni anno un master in comunicazione pubblicitaria a Venezia per il quale hanno a disposizione 30 posti. Ricevono mediamente 100 domande da candidati e 100 da candidate, quindi la selezione è abbastanza dura. Dopo aver espresso ancora una volta le lodi delle ragazze che sono più brave a scuola e nei concorsi e lamentato ancora una volta la loro difficoltà nell'emergere nel mondo del lavoro, ci ha candidamente dichiarato (e qui vorrei una conferma) che una volta scrutinati i compiti e i test il risultato vorrebbe vincitrici 70 donne e 30 uomini ma.... Colpo di scena! In nome di non si sa bene cosa, le graduatorie vengono "riconsiderate" e il numero dei vincitori messo "a pari opportunità": 15 e 15. Non so se ho capito bene ma finora me la sono cavata con le orecchie. <br />
Tutto questo per dire che il terreno della comunicazione pubblicitaria non è cosa semplice e che il confronto va fatto con quelli che sono più "estremi" di noi, non con coloro che ci rassicurano sulle nostre tesi. Il sessismo è un animale infido e la sua tolleranza inconscia da parte delle donne, anche di quelle progressiste, è un atteggiamento ancora troppo diffuso per sperare in risultati concreti. Mi piacerebbe che tutte esagerassero un po', per un periodo iniziale, nel segno del rispetto massimo di tutte le persone che potrebbero essere urtate dalle campagne, specialmente quelle stradali che sono a fruizione obbligatoria. Mi piacerebbe allora che Emma Bonino, per me una luce nel panorama politico, ma anche umano, del paese, usasse tutta la sua forza comunicativa per alzare il livello dell'analisi e chiedere a tutte di non accontentarsi di letture "morbide". Le aziende che vorranno firmare l'ottimo manifesto dovranno dare veramente prova di essere severe ed esigenti verso se stesse. Solo allora potremo cominciare a sorridere. Ora non è ancora il momento.<br />
<br />
Ico Gasparri<br />
4 luglio 2011ico gasparrihttp://www.blogger.com/profile/12484300122435087811noreply@blogger.com0