mercoledì 24 novembre 2010

Arrossata di rosso rossetto

Ad averle seguite nel corso dei mesi, si può delineare una scia continua di sesso nelle pubblicità della ditta profumiera Limoni, attiva a Milano e forse altrove. Mi interessa poco o nulla dove siano attivi, certo non si fanno mancare niente. L'anno scorso i geni della comunicazione di questa catenella profumiera avevano finalmente sdoganato la masturbazione femminile in una campagna d'estate. Finalmente, anche le donne avevano il diritto di toccarsi sulla pubblicità. A pensarci bene... non "anche" le donne, ma "solo" le donne. Uomini che si mettono le mani nelle mutande io non ne ricordo. C'era, in quel caso, una bella ragazza (perché, si sa, per vendere profumi è meglio far masturbare una tipa bella che "una simpatica") intenta a "dedicarsi a se stessa" accompagnata da una scritta ambigua che indicava anche il prezzo, anzi meglio, lo sconto del 60% ben scritto in grande. 
Archiviata l'autosoddisfazione dell'estate 2009, questa volta l'azione è indirizzata verso la regina incontrastata della pubblicità stradale, la modalità più popolare di "impiego" delle donne per vendere prodotti, la fantasia più a buon mercato e più facilmente praticabile a vantaggio dei miei colleghi di genere maschile, il riferimento che tutti e tutte capiscono al volo: la fellatio, il sesso orale, i pompini. Chiamateli come volete, ma una serie troppo lunga di campagne pubblicitarie negli ultimi 20 anni ha insistito su questa modalità di penetrazione a senso unico (nel senso del piacere) tutta a vantaggio maschile, sia in termini di sollecitazioni erotiche, sia in termini di sottomissione femminile. Le bocche, le lingue, le labbra bagnate, aperte o socchiuse, con o senza il dito medio tra i denti, con o senza la lingua che spunta, sempre ben arrossate di rossetto rosso sono lì a suggerire continuamente penetrazioni orali. Ma qual è il senso? Da uomo mi chiedo cosa significhi tutto ciò. Perché? Se questi stanno cercando di vendere profumi, perché scomodano questo fantasma della bocca che succhia? Non poteva bastare il rosso sulle labbra per reclamizzare i rossetti? C'era bisogno di spalancare la bocca e indirizzarvici un fallo-rossetto in una posa così innaturale? 
Cerchiamo di leggere più da vicino questa immagine. Innanzitutto il contesto. Ci troviamo di fronte ad un magaposter sistemato su un costosissimo impianto che riveste la facciata di uno dei tanti palazzi milanesi abbandonati. Queste case per mesi ed anni accoglieranno le pubblicità in attesa che le holding finanziarie, titolari della ri/costruzione, si mettano al lavoro. È accaduto su monumenti pubblici (Porta Venezia e Porta Romana) figuriamoci se non accadrà su case private. In questo caso specifico, si tratta di un palazzo abbandonato da molti anni in viale Tunisia, già occupato dai migranti senza tetto e sgomberati alla milanese-maniera dalla polizia in assetto di guerra. Sono seguiti altri due o tre anni di incuria con facciate pericolosamente infiltrate dall'acqua piovana finché sono comparsi i ponteggi e una sistemazione pubblicitaria molto accurata. Da mesi va avanti così. Muratori, almeno dall'esterno, non se ne vedono e noi ci dobbiamo as/sorbire queste pubblicità invadenti e inquinanti.
Passando ai contenuti, si tratta di un annuncio alla popolazione del cambio di nome – e presumo cambio di proprietà, ma qui è irrilevante – di alcune profumerie che passano dal nome Garbo al nome Limoni. Si capisce che la faccenda dal punto di vista commerciale, per il consumatore, non rivesta alcuna importanza, abituati come siamo al turn-over di loghi, marche e sigle sulle vetrine per prodotti che restano identici. Ecco allora che per dare interesse a una notizia puramente finanziaria/imprenditoriale si scomoda lo stereotipo della donna stupida che, si sa, in pubblicità meglio non farlo mai mancare. Alla ragazza fotografata viene chiesto di assumere – di fronte a questo annuncio – un'espressione meravigliata, esagerata, sorpresa, strabiliata, quasi avessero annunciato un cambio al vertice del ministero dei beni culturali. La ragazza – alla quale gentilmente viene chiesto di presentarsi nuda all'annuncio perché, si sa, tutte le donne si truccano nude mentre ascoltano queste notizie alla radio o alla TV – spalanca la sua bocca mettendosi addirittura le mani ai lati del volto. A Napoli si sarebbe immaginata un'esclamazione del tipo " 'U Maronna miaaaa". Ma ritorniamo alla fellatio. Cosa aggiungiamo ad una donna così stupita? Una volta che l'abbiamo scelta bella, l'abbiamo truccata di tutto punto e sollevata sopra la media estetica delle donne italiane e le abbiamo aperto la bocca, appare scelta inevitabile chiederle di proiettare il suo rossetto rosso sangue verso il centro della stessa. Non verso le labbra, superiore o inferiore, come sarebbe stato più normale ed ergonomico: qui il rossetto punta diritto al centro, tenuto tra le dita col taglio dalla parte sbagliata come nessuna donna lo tiene mai e inclinato in modo innaturale, cioè puntato in bocca. Anche a me che non sono un maniaco sessuale e non ho pratica di applicazione di rossetti il messaggio giunge inequivocabile. 
Già! ma questo non è un cartellone concepito per suggerire acquisti agli uomini, bensì alle donne che, si sa, sono frequentatrici di profumerie più di noi uomini. Qui si apre la consueta voragine investigativa che riassumo col solito scioglilingua: perché per vendere alle donne prodotti femminili si usa una pubblicità basata su un linguaggio diretto ai peggiori istinti maschili?
Proprio qui sta il problema e la risposta, oltre che da questa, viene da centinaia di altre campagne che ho analizzato dal 1990 e riposa tutta sull'"autoreferenzialità collettiva mortificante", se posso dire così, cioè sull'idea che la donna attraverso queste sciagurate immagini possa crearsi giorno dopo giorno, pensiero dopo pensiero, una determinata idea di sé. Non esclusivamente con la pubblicità, è chiaro, ma anche e molto attraverso essa. Siamo entrati – e la pubblicità ce lo dice chiaramente (la mancanza di reazioni collettive ce lo dice ancora più chiaramente) – a piedi pari nell'epoca dell'accondiscendenza in cui, sui cartelloni e in tanti momenti della vita privata reale milioni di donne si autodispongono alla sottomissione e allo svilimento da parte degli uomini, convinte che questa sia la strada migliore. E in alcuni casi ne hanno le prove! È un discorso difficile questo, che molte donne non accettano perché credono di non accondiscendere, di non accettare mai e poi mai affronti del genere. Purtroppo questo è vero solo fino al momento fatidico in cui i propri mariti/compagni/figli tornano a casa e domandano perché non sia ancora pronto in tavola... 
Qui il discorso si allarga troppo e, soprattutto, esce dalle mie competenze specifiche. Allora ricomincio a riflettere e a sperare, torno alla pubblicità e mi chiedo: perché le donne – visti e considerati questi tristi argomenti – dovrebbero scegliere di fare acquisti presso questa catenella profumiera, in seguito a questa affissione gigante e mortificante? Già! In effetti, ma perché le donne dovrebbero farlo? 


Ico Gasparri 


24 novembre 2010


per Donne della realtà - Palafitta 3

1 commento:

Anonimo ha detto...

Gentile signor Ico, sono una giovane donna di 28 anni e mi sono trovata questa sera per caso a leggere alcuni post del suo blog. La ammiro molto per il suo lavoro e la penso esattamente come lei riguardo alla continua mortificazione che le donne perpetrano a se stesse da anni attraverso la pubblicità e i media in generale. Tuttavia ho due argomenti da sollevare:
1- seppur molte di noi considerino questa violenza mediatica un "problema", può essere che non sia avvenuta ancora una mobilitazione di massa perché tra tutti i "problemi" della società attuale questo pare uno dei minori o dei più facilmente ignorabili? Secondo lei urge una presa di coscienza drastica e collettiva?
2- come sarebbe possibile una presa di coscienza radicale della donna se persino chi afferma (coma la sottoscritta) di essere d'accordo con ciò che lei sostiene cerca di assecondare quasi inconsapevolmente l'immagine che la pubblicità dà di una figura femminile sempre in forma e alla moda, che spesso si scopre per piacere agli uomini, che a volte ammicca e fa promesse di lussuria per ottenere benevolenza maschile? Ora, io nammetto che - pur pensandola come lei - più di una volta mi sono vestita in modo procante per piacere ai ragazzi. Come la mettiamo? E' eticamente lecito giocare ogni tanto al gioco dei sessi o sono succube anche io delle leggi di marketing e del sessismo dilagante?

Ginger