sabato 6 giugno 2009

Come il primo minuto che viene dopo una guerra (Ivano Fossati)

Quando dietro la curva scomparve l'ultimo carro con le armi io e mia sorella ci stringemmo la mano e tirammo su il naso che colava. Lo facemmo insieme come un segnale. La guerra era finita. Ma cosa era stata? Eravamo cresciuti di mille anni in pochi mesi e avevamo imparato cosa incredibili come camminare vicino ai morti e nemmeno guardarli. Ci sentivamo grandi, forse vecchi e non avevamo ancora 20 anni in due. Con la mano stretta come se ancora ci fosse pericolo uscimmo dalla casa senza tetto e scendemmo alcuni gradini che erano per caso rimasti puliti. Camminavamo ancora abbassati come avevamo imparato. Ma no! Non ce n'era più bisogno. Cominciammo a correre arrivando fino all'angolo del palazzo distrutto dietro il quale era scomparso il carro con le armi. Lei correva più di me perché aveva ancora le due scarpe. Io una. Ci fermammo tre o quattro metri prima dell'angolo per paura di essere visti dagli uomini del carro. Ma non sentivano più i cingoli sulla strada fatta per altri mezzi. Ci affacciammo dietro l'angolo con la memoria che ci premeva sulle tempie da dentro e ci metteva paura. Dietro la casa ora c'era il mare! Non l'avevamo mai visto il mare. Blu come gli occhi della sorella della nonna Maria. E c'era un vento bellissimo che ci lavava la faccia incrostata. Dimenticammo la guerra dopo appena un minuto. Fu il minuto più veloce della nostra vita veloce. Il cuore ci risucchiò il respiro e ci tuffammo. Sapevamo nuotare senza aver mai imparato. E nuotavamo. E nuotavamo. Senza fatica. Le lacrime si confondevano con quelle del mare. Piangevamo per quella tristezza infinita che lasciavamo dietro. Non volemmo tornare indietro. Nuotammo fino alle coste del nuovo mondo e quando uscimmo dall'acqua del mare avevamo la faccia pulita e il cuore quasi leggero. Era passato solo un minuto. Il primo minuto che viene dopo una guerra quando per quattro soldi la musica suona di nuovo, una musica dolce e lontana come il primo addio. Ci prendemmo di nuovo la mano e tirammo su il naso. Insieme. Come un segnale. Ma questa volta ridemmo. 

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