Accade una cosa strana dentro di me della quale solo ora mi rendo conto e mi interrogo e racconto. Da diversi anni come stupido artista (e uso la parola stupido per indicare una via di ribellione al pensiero unico dominante P.U.D.) che si occupa di problemi politici, sociali, umani, attraverso la propria immagine fotografica, lavoro ad una ricerca dal titolo Il parco-non-giochi che dovrebbe riuscire a parlare al cuore delle persone di un problema che sta a cuore a me: la perdita dello spazio del gioco per i bambini in guerra e nelle migrazioni. È il vecchio schema degli artisti: soffro-penso-creo-racconto a te che soffri- pensi-guardi, ascolti, leggi. L'artista cioè non sente niente di più delle altre persone che non vivono d'arte, ma trova il coraggio o la spudoratezza di raccontarlo. Ebbene, come uno scrittore che scrive un libro per mesi ed anni, io ho raccolto le mie immagini, i miei testi, ho coinvolto musicisti, attori, danzatrici, galleriste indipendenti affinché questo mio lavoro prendesse la luce, con risultati piccoli ma incoraggianti.
Accade però che un certo giorno l'intero pianeta venga attraversato da un vento gelido, come nei film che raccontano le grandi catastrofi fantascienticiche in cui città ormai deserte sono spazzate dal vento e qualche carta vola a livello del suolo. Accade che dei veri bambini in un piccolo pezzo di terra chiamato GAZA dal nome della sua città principale, non lontanissimo dal luogo della terra dove nacque un altro bambino che – caso unico – è diventato addirittura dio, abbiano smesso di giocare perché sono arrivati aquiloni con le bombe, cavallucci con le mitragliatrici, palloni che scoppiano, macchinine che sputano proiettili, bambole senza braccia né gambe e addirittura accade che questa colonia di bambini muoia nel giro di pochi giorni in un numero che trasportato sulle cronache milanesi significherebbe: cancelliamo l'intera scuola Tiepolo in un secondo: tutti morti! Altro che problema della perdita dello spazio del gioco! Accade che molti di questi bambini infatti abbiano smesso di giocare per sempre e anche di andare a scuola (chissà come saranno felici!!!). Gli altri si sono rifugiati in casa. E, se sono rimasti vivi dopo le bombe sulla casa, sono scappati nella scuola ONU con i parenti sopravvissuti. E, se sono rimasti vivi nella scuola dell'ONU bombardata allora hanno preso per mano (se ne hanno ancora due ottimo, ma anche una sola va bene) e sono scappati per strada con chi hanno incontrano o addirittura da soli. E, solo allora, sono diventati immortali: ecco il gioco! Hai superato tutti i livelli. Ora sei immortale. Puoi uscire in mezzo alla guerra e non muori più. A questo servono le guerre, ho pensato, a rendere immortali alcuni bambini fortunati.
Accade che questo stupido artista in questo momento del circo di guerra dimentichi addirittura che sta lavorando a qualcosa che riguarderebbe anche quei bambini. Perché? Non lo so!
Ci sono voluti giorni e giorni per risvegliarmi e afferrare il concetto che la realtà ha fatto ancora una volta più schifo delle realtà precedenti verso le quali avevo e avevamo sofferto-pensato-creato-raccontato. Questo vuol dire che il lavoro dell'artista è ridicolo? Certo che è ridicolo perché la potenza del P.U.D. è devastante. Tu arrivi a pagina due e lui scrive col sangue la pagina 100...
Mi sono risvegliato quando una corrispondenza di Vittorio Arrigoni mi ha raccontato che una mattina in quella città di GAZA, nascosto dietro l'angolo di una casa un bambino lanciava con la sua fionda delle piccole pietre agli aerei israeliani che volavano bassi sopra le case. Lui avrebbe voluto almeno salutare i piloti con la manina, ma quello era un aereo senza pilota: portava solo le bombe e allora si è molto rattristato. Ecco che mi sono ricordato allora della mia storia del gioco: quel bambino trovava il modo di giocare anche lì, in quel momento, magari senza più una famiglia. La realtà faceva più schifo della storia precedente ancora una volta ma quel bambino spostava di nuovo avanti la bandierina del racconto. Lui lanciava le pietre ad un aereo automatico, sì un aereo telecomandato! Un gioco nuovissimo e vecchissimo. Lui sì che mi ha risvegliato e allora vi riconsegno due poesie scritte in passato per questi irriducibili bambini che giocano anche dentro la guerra.
Ico 19/1/09
9/8/06
1)
salta bambina
salta bambina
questa è una mina
questa è una mina
corri bambino
corri bambino
quello è un cecchino
quello è un cecchino
piange la nonna
piange la nonna
senza la gonna
senza la gonna
torna sorella
torna sorella
come sei bella
su quella barella
2)
quant’è armato questo carro
da vicino è un po’ bizzarro!
se mi passa pian pianino
gli darò un bel bacino
e se mi vedrà l’omino
gli darò un fiorellino
sussurrando per benino
non sparare al fratellino
5)
questo è un anno assai speciale
ogni cosa va un po’ male
ho la casa nella scuola
ho le bombe nell’aiuola
c’è lo scivolo deserto
e c’è un fosso bello aperto
se continua a questo passo
qui la vita è un grande spasso
niente compiti e lezioni
solo aerei da aquiloni
14/3/07
10)
non mi importa mica tanto
chi ha sparato e da che canto
so soltanto che al mattino
ero uscito col papino
cercavamo un bel giardino
per giocare a nascondino
siamo scesi per la strada
ma è scoppiata l’intifada
non più pietre né schermaglia
qui si spara e si mitraglia
per cercare un paravento
ecco un blocco di cemento
il papino è tutto bianco
io mi infilo nel suo fianco
fischi e urla razzi e fuoco
non mi sembra proprio un gioco
quando tutto a un bel momento
si raffredda anche il vento
vedo il cielo che mi manca
e una luce bianca bianca
stringo forte il mio papino
ma la luce è un lumicino
riesco solo un momentino
a mandargli un bel bacino
e guardardo nei suoi occhi
vedo tutti i miei balocchi
3 commenti:
Bella persona, sei tu.
Savina
6 veramente come sembri....ti stimo veramente tanto..... marta da melpignano
cara marta, ma sei tu la giovane donna che è intervenuta alla mia lezione venerdì a melpignano. Prima fila occhi azzurri?
dimmi di sì
ico.gasparri@fastwebnet.it
Posta un commento