martedì 6 agosto 2024

Roscigno Vecchia: presentazione di contributo progettuale d'emergenza non richiesto.

 


Come discendente di una delle antiche famiglie di Roscigno, come figlio di uno dei Sindaci del paese (mio padre Albino sindaco 1975-1977), come archeologo, artista impegnato socialmente e, non ultimo, come cittadino d'Europa sento a questo punto il bisogno di esporre queste brevi linee emergenziali NON RICHIESTE su una realtà a rischio di collasso e di definitiva scomparsa: il paese abbandonato di Roscigno Vecchia, vittima di un inesorabile degrado.

Questo intervento è indirizzato a tutte le persone che possano raccoglierlo, indipendentemente – ma non indifferentemente – dal loro grado di responsabilità istituzionale al fine di porre in essere degli interventi immediati e non più rinviabili di emergenza, in attesa di auspicabili piani complessivi di recupero e valorizzazione effettiva di questo bene universale che da qualche parte dovrebbero essere messi in cantiere.

Di solito la complessità dei piani di intervento e le continue compromissioni politiche ed economiche a cui siamo abituati noi italiani da sempre fanno sì che gli anni passino e le realtà su cui si progetta di intervenire subiscano colpi a volte mortali che renderebbero vani sia quegli stessi piani sia ogni altro intervento futuro: un muro che cade in una realtà così delicata ed esposta alle forze della natura è un muro che cade per sempre!

A tal fine, tenendo presente la situazione di degrado continuo ed inarrestabile – che ho registrato anche fotograficamente nel tempo –, lancio questi due semplici punti di intervento preliminare che andranno ovviamente studiati nel dettaglio per le vie brevi senza tralasciare aspetti legislativi e operativi che pure esistano e di cui non sottovaluto la portata. I problemi amministrativi e di prassi di intervento andranno rapidamente vagliati e superati con gli enti competenti (che andranno identificati innanzitutto nel locale Comune e negli enti terrotoriali, ma se serve fino alla UE), evidenziando senza ulteriori indugi lo stato improcrastinabile dell'azione sul territorio:

1) raccolta in sicurezza con catalogazione rapida e precisa (in vista di futuri reimpieghi) e ricovero dei manufatti che possono essere prelevati a migliaia al suolo e che siano facilmente accessibili senza rischio (beni accessibili purtroppo anche ai continui furti "turistici" per souvenir). Tegole, cornici, travi ancora in buono stato, porte, manufatti di piccole dimensioni, mattonelle, scale in legno, ringhiere di balconi e finestre, elementi di antiche illuminazioni, interi portali e così via giacciono al suolo e si degradano ulteriormente ogni giorno che passa. Questi "reperti" possono essere asportati e ricoverati senza giganteschi e paralizzanti piani di intervento. Laddove esistessero aspetti di pericolo statico è evidente che l'intervento dovrà essere portato ad altro livello, anch'esso non più rinviabile, e affidato a personale qualificato. Come archeologo, non ignoro i pericoli per la sicurezza insiti in qualsiasi intervento svolto in un'area abbandonata da decenni ma va anche detto con lucidità che questo centro antico viene quotidianamente visitato ed attraversato per ogni dove da migliaia di turisti all'anno che affrontano a proprio rischio e pericolo la visita tra quelli che purtroppo mi duole definire "resti urbani". Il pericolo esiste sempre e i danni vanno assolutamente previsti ed evitati, ma non tutte le aree sono in questa condizione: si può operare in zone sicure. Dopo molti sopralluoghi e lavori di documentazione ritengo che la porzione di patrimonio già ora accessibile e recuperabile senza rischi apprezzabili sia cospicua e che non richieda fondi di investimento speciali. La fantasie e la volontà potranno soccorrerci per il reperimento delle risorse umane. 

2) blocco e asportazione della vegetazione naturale che invade le abitazioni e le strade del paese. Come amante della natura sono molto sensibile alla non praticabilità di interventi nocivi alle specie e alle varietà esistenti – vegetali e di conseguenza animali – ma occorre dire che le migliaia di arbusti spontanei cresciuti in questi decenni sopra e dentro i muri non possono continuare a proliferare, pena la completa distruzione di quello che resta. Eliminare e governare le piante è un intervento assolutamente urgente. Su questo non credo ci sia da discutere oltre.

Questo secondo intervento di "deforestazione benigna" andrà ovviamente guidato e orientato da specialisti del settore botanico che sicuramente – davanti a una sfida così emozionante –potranno essere reperiti nel mondo del volontariato anche professionale, così come non dovrebbe essere difficile lanciare un bando di volontariato tra giovani archeologi e studiosi di materie afferenti che intendessero lavorare al recupero dei manufatti, alla catalogazione e al ricovero degli stessi, vista l'eccezionalità della campagna.

Questo è il mio piccolo contributo sull'emergenza a Roscigno Vecchia attendendo piani strutturali di ben altra portata di cui io purtroppo non ho notizia (spero per mia ignoranza). Lancio queste idee alla collettività ben cosciente che questo tipo di proposte vanno solitamente incontro a mille obiezioni, rilievi di criticità da parte di molti che sono stati fermi a guardare e produzione di cavilli su scala industriale. Tuttavia, un inizio è sempre il passo successivo al niente!    


Ico Gasparri, 6 agosto 2024

mercoledì 19 giugno 2024

Una piazza per un caffè. Riflessioni intorno a un abuso.


Assuefatti come siamo all'imposizione dei valori dominanti e delle loro applicazioni alla nostra realtà quotidiana – motivate retoricamente dalla necessità di far girare l'economia (di chi?) – potremmo tacere anche questa volta e far finta che sia normale trovarsi un giorno sotto gli occhi il recentissimo abuso perpetrato nella piazza principale del Rione Sanità di Napoli.
Potremmo dire meglio: un abuso allo spazio storico, sociale e civile della piazza della Sanità e a tutt* coloro che vivono, passano e visitano questi luoghi così speciali.
In un equilibrio urbanisticamente già fragile e ampiamente compromesso dall'incuria di anni passati e presenti è comparso un gigantesco murale – a mio modestissimo parere esteticamente discutibile – che sembrerebbe avere come unica giustificazione l'apposizione di un marchio pubblicitario di caffè in piena piazza.
Un episodio inqualificabile contro cui immediatamente gridare e prendere le distanze che, tuttavia, ci da l'opportunità ancora una volta di misurare  le reali capacità degli amministratori locali – che si susseguono a turno sulle poltrone del comando – di gestire il territorio, la storia e più in generale il patrimonio di beni culturali miracolosamente e faticosamente sopravvissuto nei luoghi che si trovano ad amministrare.

Uno scempio! 

Uno schifo! 

Mi prendo la libertà di definire così questo gigantesco guazzabuglio di colori e non credo di dover mettere mano a ignorati manuali di storia dell'arte e di gestione dei beni culturali per dimostrare alcunché.

Io non sono assuefatto! 

Molt* di noi non sono assuefatt*!

Queste azioni sono un insopportabile esempio dell'arroganza dei poteri (forti?) e dell'economia a senso unico sulle nostre vite che questa volta si è manifestata senza pudore nella grandezza stessa del marchio della ditta alto ben due piani del palazzo.


È del tutto insignificante se e quanto i proprietario dell'immobile abbiamo percepito in denaro per noleggiare (per quanto tempo?) la propria facciata. Il concetto ignorato sta proprio lì: una facciata non è socialmente di nessuno! È giuridicamente dei proprietari, ma in quanto af-facciata su una piazza diventa un bene comune, un patrimonio di tutti che va tutelato prima e al di sopra degli interessi privati. 
Una piazza è parte del panorama urbano, cioè un bene comune, uno spazio umano e architettonico di tutti! 

Credevamo che questi discorsi fossero ormai desueti ma non è così!

È vero. Ci sono diversi altri esempi di facciate decorate con murales alla Sanità, ma la tipologia schiettamente artistica di quelle e la mancanza di finalità di sfruttamento pubblicitario collocano questi interventi in un'altra categoria della quale non è questa la sede di discutere. In quel caso, almeno, si è tentato di qualificare lo spazio urbano con un intervento artistico – che ci piaccia o meno – e non c'è in nessun caso un marchio alto ben due piani a fare pubblicità a un'azienda.

Dissociamoci da questo scempio e chiediamo conto ai responsabili di queste scellerate decisioni. Che revochino con urgenza i propri mandati amministrativi per manifesta incompetenza e facciano spazio a qualcuno più assennato che ordini il ripristino immediato dei luoghi.
 
Quella piazza è anche mia e se voglio un caffè vado al bar!