lunedì 19 gennaio 2009





Accade una cosa strana dentro di me della quale solo ora mi rendo conto e mi interrogo e racconto. Da diversi anni come stupido artista (e uso la parola stupido per indicare una via di ribellione al pensiero unico dominante P.U.D.) che si occupa di problemi politici, sociali, umani, attraverso la propria immagine fotografica, lavoro ad una ricerca dal titolo Il parco-non-giochi che dovrebbe riuscire a parlare al cuore delle persone di un problema che sta a cuore a me: la perdita dello spazio del gioco per i bambini in guerra e nelle migrazioni. È il vecchio schema degli artisti: soffro-penso-creo-racconto a te che soffri- pensi-guardi, ascolti, leggi. L'artista cioè non sente niente di più delle altre persone che non vivono d'arte, ma trova il coraggio o la spudoratezza di raccontarlo. Ebbene, come uno scrittore che scrive un libro per mesi ed anni, io ho raccolto le mie immagini, i miei testi, ho coinvolto musicisti, attori, danzatrici, galleriste indipendenti affinché questo mio lavoro prendesse la luce, con risultati piccoli ma incoraggianti.
Accade però che un certo giorno l'intero pianeta venga attraversato da un vento gelido, come nei film che raccontano le grandi catastrofi fantascienticiche in cui città ormai deserte sono spazzate dal vento e qualche carta vola a livello del suolo. Accade che dei veri bambini in un piccolo pezzo di terra chiamato GAZA dal nome della sua città principale, non lontanissimo dal luogo della terra dove nacque un altro bambino che – caso unico – è diventato addirittura dio, abbiano smesso di giocare perché sono arrivati aquiloni con le bombe, cavallucci con le mitragliatrici, palloni che scoppiano, macchinine che sputano proiettili, bambole senza braccia né gambe e addirittura accade che questa colonia di bambini muoia nel giro di pochi giorni in un numero che trasportato sulle cronache milanesi significherebbe: cancelliamo l'intera scuola Tiepolo in un secondo: tutti morti! Altro che problema della perdita dello spazio del gioco! Accade che molti di questi bambini infatti abbiano smesso di giocare per sempre e anche di andare a scuola (chissà come saranno felici!!!). Gli altri si sono rifugiati in casa. E, se sono rimasti vivi dopo le bombe sulla casa, sono scappati nella scuola ONU con i parenti sopravvissuti. E, se sono rimasti vivi nella scuola dell'ONU bombardata allora hanno preso per mano (se ne hanno ancora due ottimo, ma anche una sola va bene) e sono scappati per strada con chi hanno incontrano o addirittura da soli. E, solo allora, sono  diventati immortali: ecco il gioco! Hai superato tutti i livelli. Ora sei immortale. Puoi uscire in mezzo alla guerra e non muori più. A questo servono le guerre, ho pensato, a rendere immortali alcuni bambini fortunati. 
Accade che questo stupido artista in questo momento del circo di guerra dimentichi addirittura che sta lavorando a qualcosa che riguarderebbe anche quei bambini. Perché? Non lo so!
Ci sono voluti giorni e giorni per risvegliarmi e afferrare il concetto che la realtà ha fatto ancora una volta più schifo delle realtà precedenti verso le quali avevo e avevamo sofferto-pensato-creato-raccontato. Questo vuol dire che il lavoro dell'artista è ridicolo? Certo che è ridicolo perché la potenza del P.U.D. è devastante. Tu arrivi a pagina due e lui scrive col sangue la pagina 100...
Mi sono risvegliato quando una corrispondenza di Vittorio Arrigoni mi ha raccontato che una mattina in quella città di GAZA, nascosto dietro l'angolo di una casa un bambino lanciava con la sua fionda delle piccole pietre agli aerei israeliani che volavano bassi sopra le case. Lui avrebbe voluto almeno salutare i piloti con la manina, ma quello era un aereo senza pilota: portava solo le bombe e allora si è molto rattristato. Ecco che mi sono ricordato allora della mia storia del gioco: quel bambino trovava il modo di giocare anche lì, in quel momento, magari senza più una famiglia. La realtà faceva più schifo della storia precedente ancora una volta ma quel bambino spostava di nuovo avanti la bandierina del racconto. Lui lanciava le pietre ad un aereo automatico, sì un aereo telecomandato! Un gioco nuovissimo e vecchissimo. Lui sì che mi ha risvegliato e allora vi riconsegno due poesie scritte in passato per questi irriducibili bambini che giocano anche dentro la guerra.
Ico 19/1/09


9/8/06

1)

salta bambina

salta bambina

questa è una mina

questa è una mina

corri bambino

corri bambino

quello è un cecchino

quello è un cecchino

piange la nonna

piange la nonna

senza la gonna

senza la gonna

torna sorella

torna sorella

come sei bella

su quella barella


2)

quant’è armato questo carro

da vicino è un po’ bizzarro!

se mi passa pian pianino

gli darò un bel bacino

e se mi vedrà l’omino

gli darò un fiorellino

sussurrando per benino

non sparare al fratellino 

5)

questo è un anno assai speciale

ogni cosa va un po’ male

ho la casa nella scuola

ho le bombe nell’aiuola

c’è lo scivolo deserto

e c’è un fosso bello aperto

se continua a questo passo

qui la vita è un grande spasso

niente compiti e lezioni

solo aerei da aquiloni



14/3/07

10)

non mi importa mica tanto

chi ha sparato e da che canto

so soltanto che al mattino

ero uscito col papino

cercavamo un bel giardino

per giocare a nascondino

siamo scesi per la strada

ma è scoppiata l’intifada

non più pietre né schermaglia

qui si spara e si mitraglia

per cercare un paravento

ecco un blocco di cemento

il papino è tutto bianco

io mi infilo nel suo fianco

fischi e urla razzi e fuoco

non mi sembra proprio un gioco

quando tutto a un bel momento

si raffredda anche il vento

vedo il cielo che mi manca

e una luce bianca bianca

stringo forte il mio papino

ma la luce è un lumicino

riesco solo un momentino

a mandargli un bel bacino

e guardardo nei suoi occhi

vedo tutti i miei balocchi